Una volta la parola “arabo” faceva pensare alle danzatrici del ventre, ad Aladdin e alla principessa Yasmine, accomunati da movimenti sinuosi, sotto veli, frange e campanellini colorati le prime e su un tappeto magico i secondi.
Invece, nonostante adesso le distanze si siano accorciate grazie ai potenti social media, sembra che in Italia, un Paese così democratico, viga ancora una pesante censura.
Sarò impopolare. Per molti pazza. Ma avverto l’esigenza di informarvi riguardo a qualcosa che oggi non si legge.
L’islam, tanto per cominciare, si pronuncia con l’accento sull’ultima sillaba e non sulla penultima. Ha origini lontane nel tempo, col passare degli anni ha assunto tanti di quei cambiamenti (come è giusto che sia per ogni religione, dal momento in cui anche la società e le necessità si evolvono), sono nate talmente tante scuole di pensiero nei vari ambienti, che è erroneo persino parlare di un solo islam. Una cosa è dire musulmani in generale, che hanno in comune la fede in Allah, un’altra sunniti, un’altra sciiti, ecc. Poi ogni Stato musulmano è una realtà a sé, ha la propria storia, la propria forma di governo, ci sono le dittature, le monarchie, le democrazie.
I musulmani non sono per forza arabi, ce ne sono infatti spagnoli, bosniaci, macedoni, albanesi, italiani, tuchi, di tutte le nazionalità. Così come la dicitura “Arabi” racchiude Marocchini, Siriani, Egiziani, Tunisini, Libanesi, Yemeniti, Libici, ecc. non per forza musulmani. Quindi non si parla solo di Africa ma anche di Asia. Un atlante aiuta a capire la vastità di tutto ciò.
Gli Arabi sono accomunati dal fatto che parlano la lingua araba, e comunque in ogni Stato arabo è presente un idioma diverso. I Pakistani non sono arabi. Gli Afghani non sono arabi. Gli Iraniani non sono arabi. I Tuchi non sono arabi.
Troppo generico, quindi, parlare di “musulmani che vanno male e fanno male”. Senza contare che in parecchi posti la gente è vittima delle decisioni del proprio leader, oppure vittima dell’immagine che quattro suicidi danno dell’intero Paese.
Altro punto importante: la questione della “guerra santa”, ossia ciò che traduciamo impropriamente nella nostra testa come terrorismo, attentati e kamikaze. Un buon musulmano basa la propria vita sulla Parola del Corano. Nel Corano non si parla di guerra. Si parla di jihād che significa sforzo, lo sforzo che bisogna compiere per interpretare il Testo sacro e, per estensione, la legittima difesa da attacchi mossi per motivi religiosi. Nell’antichità questa battaglia veniva presa alla lettera, come oggi purtroppo è presa ancora alla lettera da alcuni fondamentalisti. Ma sono solo alcuni. Tutto il resto della comunità musulmana, nonostante la provenienza da territori diversi, concorda nel sostenere che questo non sia un comportamento da buon musulmano e come tale vada condannato. Quelle urla dell’Isis “Allāhu akbar” (Allah è grandissimo) o quella bandiera nera con le scritte bianche “lā ilāha illā-llāh” (Non vi è altro dio all’infuori di Allah) farebbero vergognare questo dio e tutti gli altri musulmani nel mondo.
Per questo non capisco le generalizzazioni e discriminazioni, da parte di gente comune ma anche di politici come Salvini poco informati. Il leghista infatti ha affermato: “L’islam è pericoloso, il Papa sbaglia a dialogare”. Sono queste condanne a disinformare.
L’Isis quindi non è musulmano. Si professa come tale, ma se lo canta da solo. Non sono i musulmani il problema.
La “censura” di cui sopra sono proprio queste false credenze, filtrate dalle citazioni di gente importante ignorante. Come anche sono censure quelle che nel Medio oriente o in Oriente trasmettono il messaggio già semplificato che “gli occidentali sono ricchi e vogliono imporre le loro idee”… Cosa significa? Quali “occidentali”? Tutti ricchi? Tutti che vogliono imporre la propria forma di governo? La propria religione? A me sembra che anche qui la politica, la religione e il Pil ricoprano ruoli diversi a seconda del Paese in questione.
Informiamoci, dunque, soprattutto da soli, invece di costruirci una cultura passivamente, “ricevendo” soltanto i contenuti di autorità discutibilmente competenti.
E poi, nessuno si sogni più di accostare la parola “guerra” al concetto di “santità”.
Da che mondo è mondo, amore genera amore e odio non genera che altro odio.