“Cos’era per me Pino Daniele? Un senso. Era la vista, quella di Napoli al tramonto. Era il gusto, quello della sfogliatella calda. Era l’olfatto, il profumo del mare. Era il tatto, quello dolce di una mano in una mano. Era l’ udito, le note del blues.
Pino è la musica che ho messo ieri in casa, a volume ingombrante perché la riempisse, per poi aprire le finestre e far entrare il vento per portare quella voce in ogni vicolo.
Pino era uno di famiglia. Perché? Perché mi ha raccontato al mondo così tante volte e così bene che io stesso non avrei potuto fare meglio.
Pino è nell’emozione che ha fatto piangere mia figlia tutto il giorno, perché quell’emozione è la prima cosa che ha sentito quando è venuta al mondo.
Pino è la certezza che questa vita è ingiusta, perché questo mondo è pieno di male ma si impegna a portare via sempre la poesia.
Pino è anche, però, la certezza che questa città crea perle di inestimabile valore che mai si dimenticano di lei.
Gli dobbiamo tanto cose, la musica, le parole, il riscatto, l’immagine che ha portato al mondo di noi.
Pino è la mia scossa di terremoto, il lampo, la forza che mi ha regalato.
Pino è un falò, una chitarra e la canzone che ho suonato per la donna che amavo, volata via per sempre.
Pino era ed è un pezzo della mia vita, della mia storia. Una colonna sonora nella gioia e nel dolore. L’ho cantato alla pancia di mia moglie e al suo letto, nel cordoglio.
Non mi stancherò mai di ricordarlo e mai mi stancherò di ringraziare per esserci stato in questi anni, perché so chi è, so chi è stato e so quale fortuna abbiamo avuto.
Grazie Pinù, pure a me me piace’o blues”
Aniello, 59 anni