Ultimamente e con una frequenza piuttosto allarmante, “vanno di moda” le storie di cronaca, estrapolate dalla vita reale che raccontano atti vandalici e violenti, a danni di persone e cose, targate Anm.
Dall’autentico esercito che ha letteralmente distrutto due bus durante la notte in cui esplodevano i festeggiamenti all’ombra del Vesuvio, per effetto della conquista della Supercoppa da parte delle maglie azzurre, alla baby gang che qualche mese fa pestò il conducente di un autobus, fino a giungere agli innumerevoli altri atti di ordinaria, feroce, stolta e gratuita inciviltà.
Una realtà riprodotta con la medesima e cruda fedeltà di un’istantanea dalla testimonianza di un “inviato sul campo”, uno dei tanti autisti dell’Anm che, ogni giorno, “rischiano di rischiare la vita”, se lungo le strade percorse lungo il tratto di pertinenza, serpeggia qualche eccelso rappresentante della sopracitata categoria:
“Fui trasportato in ospedale in stato di shock. Da quel momento cambiò radicalmente il mio modo di rapportarmi con motociclisti, scooteristi (i peggiori) ed automobilisti alla guida di suv, smart e altre city car, che pensano di essere i padroni impuniti delle strade partenopee. Da quel momento, cerco di evitare scontri verbali con tutti i conducenti dei mezzi prima elencati.
Il secondo episodio che tristemente ricordo, risale all’agosto del 2013. Ero alla guida del “Pollicino” che da Piazza Vanvitelli conduce alla Rotonda Giustiniano passando per Via San Domenico, ebbene, mentre percorrevo quest’ultima strada, incrociai uno scooter con due giovani a bordo, i quali barbaramente decisero di indirizzarmi uno sputo attraverso il deflettore. Un episodio che per diversi giorni mi gettò in un profondo senso di amaro sconforto. Ci tengo a rendere noto che sputi, il lancio di buste d’acqua e non solo, di pietre, di centinaia di uova marce, nel periodo carnevalizio e di petardi durante i giorni che precedono il capodanno, si verificano ogni anno, ogni mese e per quanto riguarda il lancio di pietre che spesso mandano in frantumi i vetri dei bus, in particolare, si verificano, ultimamente con una certa frequenza, nel Rione Traiano, per la precisione in via Marco Aurelio.
L’ultimo episodio è avvenuto la notte scorsa: un gruppo di una decina di ragazzini di non più di 10-11 anni hanno prima iniziato a infastidirmi urlando e facendomi domande, nonostante abbia pregato loro di non seguitare ad infastidirmi, spiegandogli che non potevo rispondere, in quanto ero intento alla guida. L’esperienza mi ha indotto a capire, quindi, che non avevano buone intenzioni. Tant’è vero che quando si accingevano a scendere ho impedito loro di lasciare l’autobus dalla porta anteriore: questa mossa si è rivelata la mia salvezza. Difatti, appena giunti alla porta centrale hanno estratto una busta di liquido bianco, presumibilmente latte e l’hanno scagliata con violenza contro la cabina di guida, fallendo il bersaglio e imbrattando i sedili che per fortuna erano vuoti, poiché molti passeggeri occupavano il lato posteriore dell’autobus R1.
Sono gli episodi come questo, come quelli che quotidianamente vivo che mi fan venire voglia di scappare dalla mia amata città, perché questi ragazzini, inevitabilmente, rappresentano il futuro di Napoli. Considerando che ho un figlio che si è trasferito in Germania, potrei, un giorno, – spero non molto lontano – raggiungerlo per realizzare il mio piccolo e semplice sogno di persona perbene di vivere come una persona civile, in un paese civile.”