Talvolta, accade che, durante il giorno di Natale, nel corso di quelle ore in cui il mondo festeggia la nascita di suo figlio, il Signore decida di ricondurre a sé delle anime, condannando in eterno coloro che rimangono a piangerne la scomparsa, ad associare amare e luttuose lacrime a quel giorno in cui, per antonomasia, dovrebbero troneggiare serenità e sorrisi.
Questo è l’amaro destino che ha scritto la parola “fine” sotto la storia della vita dell’“angelo di Carditello” alias Tommaso Cesarone: il volontario che accudì la Reggia di Carditello come una figlia e che morì proprio durante la notte dello scorso Natale, colpito da un infarto, mentre vegliava sulla Reggia dei Borbone.
Tommaso, 48, anni, sposato e padre di due figli, Giovanni di 20 e Katia di 19 anni, si era dedicato anima e corpo alla causa di Carditello, contribuendo a rilanciare la campagna per la salvaguardia di uno dei monumenti più affascinanti e suggestivi della provincia di Caserta. Come ogni sera, anche la notte di Natale di un anno fa, Tommaso era nella sua Carditello.
A lui, il custode giudiziario aveva affidato le chiavi della struttura per tenerla pulita e funzionale, in attesa della definizione della destinazione del monumento borbonico. Tommaso aveva accolto ministri, politici, artisti, sempre senza scomporsi. “Io lo voglio bene davvero Carditello, gli altri fanno solo passerelle.” Questa la frase che, abitualmente, ripeteva.
Per assurdo, l’abnegazione che riversava in quello che pe lui era tutt’altro che un semplice lavoro, poco prima del sopraggiungere della morte, aveva fatto sì che Tommaso divenisse anche oggetto di “attenzioni particolari”: una bomba carta in azienda, la roulotte in cui viveva data alle fiamme e alcune delle sue pecore erano state uccise. Atti intimidatori, ai quali Tommaso seppe reagire: “Devono sapere che sono disposto anche a farmi ammazzare. Ma da qui non me ne vado“. Sempre indaffarato, alle prese con qualche lavoretto da svolgere, Tommaso rispondeva con i fatti, in sella al trattore a tagliare l’erba, dando magiare ai cavalli, alle pecore, così scacciava gli spettri del terrore e le angherie delle minacce.
“Qui ci venivano a pascolare le pecore di mio nonno e poi di mio padre. Io sono originario di San Prisco e mio padre che faceva il pastore mi raccontava che quando orientava le pecore con la testa vero Carditello, cominciavano a correre. Questa è sempre stata la migliore terra della Campania. – Dichiarò durante una delle sue ultime interviste a La Repubblica – Il fieno che si produce a Carditello è ricercato. Ma non lo dicono le persone, bensì gli animali. Perché il pascolo qui è di una qualità superiore. I pastori facevano a gara per venire a pascolare a Carditello. Per me questo luogo ha anche un valore affettivo perciò non me ne andrò mai da qui. L’ho curato quando tutti l’avevano lasciato nel degrado, figuriamoci adesso che c’è una possibilità di rivederlo tornato al suo antico splendore”. Uno degli ultimi rappresentanti delle istituzioni accolti da Tommaso nella Reggia era stato l’allora ministro per i Beni culturali, Massimo Bray, a cui il custode aveva strappato la promessa di salvare Carditello.
A mezzanotte della vigilia di Natale, l’angelo di Carditello, dal suo profilo Facebook, aveva scritto: “In questo momento sono solo, vi giuro, ma sono felice di tutti voi e di questo ministro, anche perché se dico qualcosa mi risponde. E’ una brava persona e allora viva Carditello”. Quella sera di un anno fa, poco prima era stato a casa del suocero per il tradizionale cenone, insieme alla sua famiglia. Poi, come sempre, era tornato nella Reggia.
Dopo il giro di ricognizione, che era solito intraprendere intorno alle due di notte, era andato a letto. Dormiva da solo, a pochi passi dalla sua Carditello, nell’azienda agricola che aveva faticosamente messo in piedi.
La moglie, Giuseppina Moronese, aveva cercato di contattarlo la mattina di Natale. Ma Tommaso, non rispondeva al telefono. Così Giuseppina si mise in auto per andare a verificare di persona le motivazioni che impedivano al marito di fargli pervenire sue notizie. Lo trovò ancora nel suo letto, ma privo di vita. Due settimane dopo la sua morte, il 9 gennaio del 2014, il real sito di Carditello fu acquisito al patrimonio dello Stato.
Bray aveva mantenuto la promessa.
Due giorni dopo, l’11 gennaio, Bray ritorna a Carditello. Ad attenderlo c’è la folla delle grandi occasioni. “Sono emozionato – dichiarò il ministro – perché la prima persona che ho incontrato mi ha fatto pensare moltissimo. Forse è quello che Tommaso ha sempre voluto, perché la difesa di questo luogo era anche la difesa della sua dignità”.
Sette rose bianche contornate da sfumature tra il fucsia ed il rosso erano legate al cancello dell’ex fattoria borbonica di Carditello nel giorno di Natale.
Così la comunità ha voluto rendere omaggio alla memoria di Tommaso Cestrone, il volontario della Protezione civile di San Tammaro che fu custode della «piccola reggia» per circa due anni su iniziativa del giudice dell’esecuzione quando il bene era ancora sotto la spada di Damocle della vendita all’asta.
Un piccolo angelo, capace di imprimere su questa terra un ricordo lungimirante e difficilmente rimovibile.