Una trama da film che dimostra come e quanto, talvolta, la vita reale, sappia proporci storie vere che superano di gran lunga la fervida immaginazione di registi e sceneggiatori.
Tradita dal Dna, estrapolato dalle gocce di sangue grondate dalla ferita che si era procurata con un taglierino e finito sul maglione di un’impiegata: così la squadra mobile di Terni è giunta all’arresto di una donna, accusata di aver partecipato ad un colpo avvenuto, il 4 maggio 2012, alla ex Carit di via Narni.
La donna, una 41enne originaria di Napoli, ma con parenti nella città umbra, è stata bloccata dai poliziotti proprio nella sua abitazione partenopea.
Già nota alla polizia come la «Nikita di Salerno»: questo il soprannome attribuitole nell’aprile 2013, dopo un colpo a Battipaglia, quando era stata arrestata perché considerata il capo banda dei tre rapinatori che, armati di taglierino, avevano rubato 85 mila euro dalla Banca popolare di Bari.
In base a quanto ricostruito dagli agenti, a Terni, la donna era riuscita ad impossessarsi di 10 mila euro, avvalendosi, ancora una volta, della complicità di due uomini, anche loro armati di taglierino e a volto scoperto. Le telecamere interne l’avevano ripresa entrare in banca, tirare fuori il taglierino e puntarlo alla schiena di uno dei clienti, avvicinandosi alla cassa.
Nell’azione, però, la donna si era ferita ad una mano ed il sangue aveva impregnato la manica del maglione di un’impiegata, che lo ha poi consegnato alla polizia scientifica per i rilievi.
Il raffronto del Dna delle gocce con quello estrapolato da un mozzicone di sigaretta, gettato a terra dalla donna e raccolto dagli investigatori, ha permesso di identificare la rapinatrice.
Finale degno di un episodio di “Distretto di polizia” o “R.I.S – delitti imperfetti”.