Rom, zingari, gitani, popoli senza terra che parlano una lingua scaltra e incomprensibile: proprio come vengono percepite le loro stesse anime.
Un popolo nel cui passato ricorrono copiose macchie di persecuzione, schiavitù, deportazione e sterminio.
Un popolo nel cui presente aleggia la pericolosa ombra della minaccia.
Un popolo incapace di guardare al futuro, in quanto più propriamente avvezzo a “vivere alla giornata”, arrancando rifiuti dai cassonetti e fortunosa improvvisazione dall’ordinaria precarietà.
Un popolo imbrigliato in uno spesso filo spinato di pregiudizi e diffidenza che affonda le radici in una credenza popolare risalente al Medioevo, secondo la quale il nomadismo è sinonimo di maledizione di Dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli, considerati riconducibili alla magia; le arti divinatorie identificabili come aspetto stregonesco.
Nasce così la tendenza delle società moderne a liberarsi di tale presenza anche a costo dell’eliminazione fisica. Tutti i paesi europei adottarono bandi di espulsione nei loro confronti, fino alla programmazione del genocidio dei rom, insieme a quello degli ebrei, durante il nazismo in Germania.
Oscilla tra i 12 e i 15 milioni il numero di rom esistenti al mondo. Numeri generici ed approssimativi, perché molte popolazioni rifiutano di farsi registrare.
“Zingari”, “pericolosi”, “stregoni”,” stupratori”, “criminali”, “violenti”, “ladri”: sono solo alcune delle etichette che nell’immaginario collettivo sono sinonimo di “Rom”.
Molti organismi di tutela dei diritti umani, nonché studiosi ed esponenti del mondo della cultura, hanno denunciato che nei media italiani l’immagine sociale degli “zingari” viene tinta di nero, quasi esclusivamente nel racconto di fatti di cronaca, piuttosto che nell’ambito di una discussione sulla tutela di una minoranza etnica riconosciuta dall’ONU, con la rappresentazione dello “straniero lontano da Noi”, dello “straccione” e del “parassita”.
Le istituzioni che si occupano dei rom si trovano spesso ad affrontare il problema di una opinione pubblica ostile, orientata a considerare solo i “dati antisociali” e le “statistiche criminali”, con la conseguenza di individuare nella condizione dei Rom un fenomeno di devianza sociale.
L’International Labour Organization (ILO), l’agenzia per il lavoro delle Nazioni Unite, nel suo rapporto sull’applicazione delle “Convenzioni e Raccomandazioni internazionali” del 6 marzo del 2009, ha condannato l’Italia per il “clima di intolleranza esistente”, creato dai “leader politici” italiani, rei di usare una “retorica aggressiva e discriminatoria nell’associare i rom alla criminalità, creando così un sentimento di ostilità e antagonismo nell’opinione pubblica”.
Il rapporto chiede, inoltre, al governo italiano di eliminare il clima di intolleranza, violenza e discriminazione delle comunità rom e di assicurare loro, sia legalmente che socialmente, i diritti umani fondamentali, facendo in modo che gli atteggiamenti discriminatori siano meglio identificati e condannati.
Eppure, quanto sta accadendo attualmente in Italia, fotografa uno stato di intransigenza che desta non poco allarmismo, lungo l’intero stivale.
Da Nord a Sud: un ponte d’intolleranza erto dalla coscienza sociale della stragrande maggioranza della popolazione.
A Padova, la severa avversione verso i Rom si è tramutata in un incendio doloso.
Una lunga colonna di fumo si è alzata dal campo nomadi di via Bassette a Mortise, alla periferia ovest di Padova, a Mortise.
Gli abitanti del campo hanno riferito alle forze dell’ordine e ai vigili del fuoco accorsi sul posto che ad appiccare il fuoco sono stati alcuni giovani, scesi da un furgone e sono certi che si tratti di un atto intimidatorio. Il fuoco si è sprigionato da un cumulo di sterpaglie e rifiuti presente accanto alle roulotte. Non vi sono stati danni né a persone né a cose.
Mentre a Napoli, un blitz nel campo Rom di Scampia, da parte di polizia municipale e carabinieri, ha portato al sequestro di auto e camper. Un’operazione che ha interessato circa 2.000 metri quadri del grande campo di via Cupa Perillo, dove trovano alloggio centinaia di Eom e nomadi di varie etnie dell’Est Europa, mediante la quale è emerso che in 8 casi su 10, i mezzi erano rubati, con i numeri di telai abrasi o privi di copertura assicurativa. Tra le auto interessate dal provvedimento, figurano anche Audi e Mercedes, oltre a numerose carcasse semidistrutte o date alle fiamme.
Nelle ultime ore, tuttavia, un’altra vicenda avente per protagonisti tre minorenni di origine Rom, si è consumata in provincia di Napoli.
I giovani hanno messo a segno una rapina ai danni di una coppia che era nei pressi di un centro commerciale alla periferia di Giugliano, aggredendola con un corpo contundente per poi darsi alla fuga, ma sono stati intercettati da una volante dopo alcuni chilometri.
L’auto dei malviventi ha dapprima speronato la vettura della polizia, poi è finita fuori strada, ribaltandosi. I tre hanno quindi tentato la fuga a piedi per arrendersi quando un poliziotto ha esploso un colpo in aria. I tre rapinatori sono cugini e risiedono nel campo alla periferia di Giugliano, nella zona Asi. Nella loro vettura, gli agenti hanno trovato anche alcuni corpi contundenti, tra cui delle chiavi inglesi.
Negli ultimi tempi, a Giugliano, sono state messe a segno svariate rapine nel corso delle quali i malviventi hanno aggredito le vittime, per costringerle a consegnare il denaro, con corpi contundenti.
Una delle ultime, all’inizio del mese di novembre, quando un tabaccaio fu aggredito e malmenato violentemente da tre individui mentre stava per aprire il suo negozio. L’uomo ha riconosciuto i tre rapinatori. Successivamente gli agenti hanno eseguito delle perquisizioni nelle abitazioni occupate dai tre 17enni trovando altro materiale ritenuto utile allo svolgimento delle indagini.
Due facce della stessa medaglia che raccontano una situazione che non può vivere ai margini delle periferie dell’immaginario politico e collettivo.