Una nuova puntata della fiction improvvisata dalla criminalità organizzata è andata in scena ai piedi del Vesuvio.
Cinque anni dopo il duplice omicidio di Gennaro e Carmine Sacco, padre e figlio freddati a colpo di pistola nel novembre 2009, i carabinieri di Napoli hanno arrestato i presunti responsabili: esponenti del clan Sacco-Bocchetti di cui Gennaro era il capo proprio in quel periodo.
Per mesi gli inquirenti hanno indagato sulle fazioni opposte, ma i colpevoli si nascondevano proprio in casa: il duplice omicidio sarebbe maturato per rancori interni al clan. Gennaro Sacco doveva morire e le persone vicine a lui non ci hanno pensato due volte a mettere a segno l’agguato. I dodici fermati sono tutti di San Pietro a Patierno e Secondigliano. Tra gli arrestati figura anche Costanzo Apice, già detenuto per l’omicidio di Mariano Bacioterracino, nipote acquisito di Gennaro Sacco e secondo gli inquirenti inserito a pieno titolo nell’organizzazione criminale.
Agli indagati sono contestati i reati di associazione per delinquere di stampo camorristico e traffico di sostanze stupefacenti.
Uno dei 12 arrestati ha cercato di scappare a bordo di una Smart e gli agenti hanno esploso alcuni colpi di pistola per fermarlo. Un altro è salito a bordo di una potente automobile e si è dato alla fuga, ma è stato bloccato dalla polizia stradale all’imbocco dell’autostrada Napoli-Roma. La maggior parte degli arrestati è stata bloccata in abitazioni di appoggio: gli inquirenti hanno accertato che molti esponenti del clan avevano abbandonato le proprie abitazioni proprio dopo il duplice omicidio Sacco. Antonio Zaccano, elemento di spicco del clan Bocchetti, è riuscito a sfuggire al blitz. Tra i fermati figura anche Ciro Bocchetti, fratello di Gaetano e Vincenzo, entrambi detenuti.
Ciro Bocchetti è stato arrestato mentre tornava da un colloquio con il fratello Gaetano, detenuto a Padova è stato fermato al casello di Napoli Nord. Dei Bocchetti resta libero solo un quarto fratello, Mario.
Gli inquirenti ritengono che dalle indagini sui traffici del clan Bocchetti possa emergere anche la verità sul duplice omicidio di San Pietro a Patierno. Al momento, gli inquirenti ritengono che la morte di Gennaro Sacco e del figlio Carmine sia stata decisa dal clan loro alleato, dopo diverse scelte del boss. L’alleanza tra il clan Sacco ed i Bocchetti, nata nel 1997, ha rischiato di crollare per via delle scelte di Gennaro Sacco, che si sarebbe legato al clan Lo Russo di Secondigliano, agli Scissionisti di Scampia ed ai Moccia di Afragola.
Decisioni prese senza consultarsi con i Bocchetti.
Altri malumori, ritengono gli inquirenti, sarebbero nati per la gestione dei ricavati dei traffici illeciti: Carmine Sacco sarebbe stato accusato dagli altri componenti del clan di aver trattenuto parte delle somme destinate ai detenuti.
Ennesimo punto di rottura, la paura dei Bocchetti che i Sacco potessero accrescere troppo il proprio profilo criminale: se già l’alleanza con i Lo Russo, con gli Scissionisti e con i Moccia avevano rinsaldato il potere del clan, i rapporti con Marco Mariano (da poco scarcerato, secondo gli investigatori intenzionato a riprendere il potere sui Quartieri Spagnoli) e con Luigi Cimmino (anche lui da poco uscito dal carcere) avrebbero reso Gennaro Sacco un elemento troppo forte.
Con Gennaro Sacco, ai vertici del clan dal 1997, si stava abbandonando la tradizionale vicinanza alle famiglie camorristiche dei Contini-Mallardo-Licciardi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso potrebbe essere stata l’omicidio di Mariano Bacioterracino, il rapinatore ucciso l’11 maggio scorso al Rione Sanità. Per quell’omicidio è stato arrestato Costanzo Apice, nipote di Gennaro Sacco.
Mariano Bacioterracino, 33 anni fa, era stato indagato (e poi assolto) per l’omicidio di Gennaro Moccia, capo storico della camorra di Afragola. Le altre persone individuate come presunti sicari, anche se assolte dalla giustizia, erano state uccise in agguati. Restava solo Bacioterracino. Gli inquirenti ritengono che, proprio in virtù dell’alleanza tra i Sacco ed i Moccia, siano stati questi ultimi a chiedere il ‘favore’ al clan di San Pietro a Patierno di eliminare per vendetta il rapinatore. Un omicidio su commissione, ordinato da un altro clan; ancora un’altra decisione importante presa senza il consenso dei Bocchetti. Gennaro Sacco e suo figlio Carmine sono stati raggiunti dai sicari il 24 novembre scorso a San Pietro a Patierno, in via Masseria, all’angolo con via Gagarin.
Il boss, colpito alla testa, è morto sul colpo. Il figlio ha cercato di scappare, ma i killer lo hanno inseguito e, quando ha perso il controllo del mezzo, gli hanno sparato. Carmine Sacco è morto poco dopo il suo arrivo all’ospedale San Giovanni Bosco. La vicinanza dei Sacco-Bocchetti ai Moccia di Afragola, voluta da Gennaro Sacco ma non approvata dai Bocchetti, è confermata in un colloquio telefonico ascoltato dagli investigatori. “Che tenimmo a che vede’ con questi afragolesi, che ce trase dint’a sacca” discutono alcuni affiliati dei Bocchetti.
Altre lamentele contro i Sacco si sentono anche in una telefonata tra Ciro Bocchetti e Antonio Zaccaro: “La famiglia siamo noi”, dice il primo.