Ogni volta che all’interno del rettangolo verde più concitato del pianeta si consuma l’emozione racchiusa in un sogno capace di ergersi a realtà, si scrive una delle pagine più sincere e genuine della storia del calcio, capaci di conferirgli, ancora e nonostante tutto, un senso ed un valore, spogli dal cinico ed interessato business e trafitti da un arcobaleno di sensazioni.
Quella di ieri è stata la sera della favola di José Maria Callejon.
Calciatore munito di una velocità devastante che sbeffeggia quei 27 anni che in “questo calcio” vorrebbero fare di lui un “giocatore anziano”.
Agile, duttile, versatile, veloce e finanche fin troppo abile nel partorire conclusioni potenti: il Callejon visto fino a questo punto della stagione è devastante.
Numeri e statistiche a supporto di un talento che ha fatto perdere la testa perfino ad un certo José Mourinho che se avesse potuto, gli avrebbe fatto ricoprire anche il ruolo di portiere, per quanto adorava “spremere” il potenziale dell’esile, ma tutt’altro che “debole” calciatore spagnolo quando lo allenava ai tempi del Real.
“Mi piaceva come giocava nell’Espanyol, mi piaceva la sua duttilità in campo. A Madrid poi ho conosciuto un ragazzo con una personalità forte, un giocatore umile che ha saputo ritagliarsi il suo spazio, il rispetto della gente e dei compagni di squadra. Sa rendere prezioso ogni minuto in cui è in campo: per molti giocatori entrare per 10 minuti è un problema, per lui no. Quando viene chiamato in causa è sempre al top. Mi piace molto la sua mentalità, è un esempio per tutti.”
Queste le pennellate con le quali lo Special One dipinge Callejon.
Velocità dilaniante, tiro potente e preciso, capacità di andare in gol e di fornire assist sopraffini ai compagni e nonostante il fisico esile e l’altezza minuta, Callejón ha dimostrato di essere anche un apprezzabile colpitore di testa.
Tuttavia, nel corso dei 26 anni precedenti, quel bambino di nome José non era mai riuscito a conferire la massima e più appagante espressione a quel suo indiscutibile talento. Quel sogno macinato insieme ai calci inferti al pallone che prende forma nella maglia che rappresenta la nazione d’appartenenza, quindi terra, radici, orgoglio e molto, molto altro.
Per tutti i cittadini, ma per un calciatore molto di più.
Al cospetto di un avvio di stagione troppo scoppiettante per passare inosservato, suggellato da una quantità sbalorditiva di assist e gol confezionati grazie al letale ed armonico connubio tra precisione e potenza, tecnica e classe, velocità e destrezza, senso della posizione in campo e fiuto del gol, il CT spagnolo Del Bosque non ha potuto fare a meno di posare il suo critico sguardo su quell’estro di gracile e risoluta abilità e consegnargli quella tanto agognata maglia, consentendogli di coronare quel longevo e mai abbandonato sogno.
Ieri sera, nel corso della partita contro la Bielorussia, facendo il suo ingresso in campo durante il match vinto 3-0 dagli spagnoli, Callejon ha realizzato il sogno di quel bambino di nome José.
Queste le parole attraverso le quali ha conferito forma alle sue emozioni: “Ho esordito in Nazionale e questo per me è un sogno che si realizza. Ho sempre lavorato per arrivare in Nazionale e sono contento di avercela fatta. Dedico questa gioia alla mia famiglia e anche a me, che ho lavorato tanto per arrivare fin qui.”