Questa è la storia di un “invisibile” che dimora sulle scale ed i marciapiedi dell’indifferenza.
È un mendicante, uno straccione, un “barbone”, così, di consueto, siamo soliti etichettare coloro che non hanno una fissa dimora, o meglio, la cui dimora è rappresentata dai più improbabili ed artificiosi angoli di mondo, quelli che sanno scegliere di vivere con fortunosa e fortuita versatilità, adattando le opportunità che il contesto gli offre, alle loro esigenze, quelle dettate dalle condizioni climatiche, dalla fame, dalla solitudine.
Malleabilità d’animo, perenni flebo di coraggio, spirito di sopravvivenza sviluppato all’ennesima potenza, cospicue garze di pazienza, con le quali tamponare le ferite che derivano dalle consuete mortificazioni quotidiane, lungimiranza e parsimonia per amministrare quel complesso gomitolo di emozioni attorcigliato intorno alla parola “dignità“: questo è quanto possiedono.
Questo è tutto quello che possiedono.
Girovagando per le strade di Napoli, mi è capitato più volte di imbattermi in un rappresentante “anomalo” di questa peculiare categoria.
La massiccia ed arrancata armatura di lana e tessuti vari che perennemente indossa e che a stento lascia carpirne lo sguardo, non consente di comprendere se si tratti di un uomo o di una donna, anche perché ciò che tende a catturare l’attenzione è ben altro: una piccola bottiglia di plastica vuota nella quale è racchiuso un sasso che questa persona agita, perennemente ed incessantemente, per ore ed ore, senza mai fermarsi.
Una sorta di “shakeramento” perpetuo di pensieri ed emozioni che irrompe nella compulsiva frenesia della quotidianità dei passanti.
Uno strumento improvvisato per rompere quel silenzio che gli inonda la vita e ne pervade le giornate.
Un amico rimediato per raggirare quella solitudine che tristemente gli siede accanto.
Un gioco, un passatempo per coprire il rumore delle lancette ed esorcizzare la paura dell’inesorabile scorrere e trascorrere del tempo.
Molteplici potrebbero essere le chiave di lettura delle quali avvalersi per spiegare quell’inconsueta condotta, fastidiosa, per la maggior parte delle orecchie che la incrociano.
Di certo, quello è un invisibile che ha scelto di imprimere un urlo diverso alla voce della sua anima.