Agosto 2013: è la notte di San Lorenzo, quella più romantica dell’estate, quella più tragica per Emanuele Scarallo e Alessandro Riccio, due ragazzi che mai avrebbero pensato di andare incontro ad un destino tanto turpe e cruento.
È la notte che ha segnato per sempre ed irrimediabilmente anche la vita di Leonardo Mirti.
Lo scenario che funge da sfondo a quell’afosa notte d’estate è la Collina di Posillipo.
Leonardo è appartato in auto con la sua ragazza, quando viene affiancato dallo scooter con i due malviventi a bordo. Gli intimato di consegnare il cellulare: la “classica rapina” di prepotenza.
Quel violento gesto, scaturisce un epilogo ancor più brutale da parte del 31enne che a velocità più che sostenuta intraprende un autentico inseguimento ripreso dalle telecamere di alcuni negozi della zona. Immagini inequivocabili che immortalano i tre chilometri di follia percorsi dalla Smart guidata da Leonardo che arresta la sua corsa solo quando travolge i due ragazzi in sella allo scooter. I corpi volano come birilli. Scene surreali ed agghiaccianti dettate dalla paradossale ferocia della vita reale.
Leandro Mirti è stato condannato a 10 anni di reclusione, in quanto: “Ha usato l’auto come arma per uccidere intendendo così ”rispondere” con ogni probabilità, alla rapina subita sotto la minaccia di una pistola, accettando (quantomeno) il rischio di provocare la morte dei due soggetti inseguiti”. Qualche giorno fa Mirti è tornato in aula, dinanzi al Riesame, per rivedere un pezzo della sua vicenda. Diciannove pagine, dunque, per chiudere il primo grado di giudizio a carico di Mirti e per offrire una versione ufficiale di una vicenda per molti versi ancora aperta: quella notte, dopo aver subìto la rapina del cellulare, Mirti incontrò sulla strada del ritorno la coppia di centauri e ingaggiò una rincorsa per punire i due presunti rapinatori, sotto il grande occhio delle telecamere di supermercati e uffici pubblici.
Prima spegne i fari, per evitare di farsi riconoscere dai due obiettivi, poi, al momento dello schianto, non decelera. Scrive il gip: non ci sono segnali di frenata sulla zona dello scontro, eppure nella prospettiva del Mirti «era altamente prevedibile provocare un incidente mortale per i soggetti a bordo del motociclo». Tuttavia, Mirti ha sempre sostenuto una tesi diversa rispetto a quella dell’accusa, ricordando che quella notte fu vittima di una rapina e di aver investito quei due ragazzi solo dopo una fuga dettata dall’esigenza di non subire una nuova aggressione.
Di contro, i parenti delle vittime chiedono giustizia, ribadendo anche l’estraneità dei due ragazzi travolti rispetto all’ipotesi di aver partecipato alla rapina del cellulare. Intanto, mancano i nomi dei due rapinatori, di quelli che – a mano armata – portarono via un telefonino mettendo in moto una folle rincorsa nella notte di Posillipo.