Miriam Makeba non è solo una cantante, è molto di più di una cantante.
Il notevole successo conquistato grazie alla sua musica, divertente ed intelligente, si tradusse con l’esilio imposto dal governo di Pretoria dopo il suo primo tour negli Stati Uniti del ’60. Non potevano tollerare che quella donna grazie alle sue canzoni fosse diventata il simbolo di un popolo oppresso. Resterà lontana dal suo paese per ben trent’anni, una sofferenza enorme per lei, così legata alla propria terra.
Durante quei 30 anni, Miriam non è solo diventata una star internazionale conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo, ma l’icona del sentimento cucito nelle “anime nere” che risuonava in ogni stanza e in ogni spiraglio di cielo del pianeta, grazie alla sua voce: il più sontuoso e fulgido abito che quelle anime abbiano mai indossato.
Un sorriso caldo come la sua voce che hanno reso immortali sentimenti ed emozioni radicati in quella terra, appartenenti a quel popolo, al suo popolo.
30 anni di lotte, a suon di musica e battaglie politiche finalizzate ad osteggiare quello stesso governo che bandiva i suoi dischi e la condannava all’esilio.
Miriam Makeba muore il 9 novembre 2008 a Castel Volturno.
La cantante ebbe un malore mentre era sul palco, nonostante prima dell’esibizione avvertisse forti dolori al petto, la donna volle tenere quel concerto contro la camorra e il razzismo e in memoria di sei immigrati africani uccisi due mesi prima dalla camorra.
Quel malore si tramutò in una crisi cardiaca e Miriam morì poco dopo in ospedale. Una morte accompagnata da non poche polemiche scaturite dal ritardo con i quali erano sopraggiunti i soccorsi.
Nelson Mandela, Nobel per la Pace per la sua lotta contro l’apartheid, commento con queste parole la sua morte: «Giusto così, giusto che gli ultimi momenti di vita di Miriam siano passati sul palcoscenico. Le sue melodie hanno dato voce al dolore dell’esilio che provò per 31 lunghi anni, e allo stesso tempo, la sua musica effondeva un profondo senso di speranza».