“Sono Gasparre, Gasparre Spatuzza,
provo a immaginare la realtà di questa città, ma mi viene difficile perché da tempo non ci abito. I miei ricordi fanno parte di un tempo lontano, un tempo che non voglio dimenticare. Sono convinto che il termine “dimenticare” appartenga a qualcosa che ha un nesso con la morte. Diversamente il ricordo rimane sempre vivo. Non è così, purtroppo per gli esseri umani, ma per quello che gli è dovuto, la vita va vissuta amata e raccontata.
Raccontare anche quei momenti oscuri, anzi proprio da questi si deve cominciare, affinché le nostre conoscenze possano essere d’aiuto ad altri per fare chiarezza, ovvero giustizia. E nel nostro caso vuol dire lasciare in eredità alle nuove generazioni qualcosa che gli appartiene..
Per circa un trentennio ho calcato il suolo di questa città, non come un cittadino comune, purtroppo, ma come un affiliato a Cosa nostra. In quegli anni mi sono reso responsabile di tanti crimini, tra i tanti quelli di aver violentato una città, per non dire un Paese.
Senza nulla togliere alle mie responsabilità individuali – prosegue il collaboratore – anch’io mi considero una vittima di un sistema sociale privo di strutture essenziali per la conoscenza di quei valori etici legati al bene comune. Doti inalienabili per i ragazzi, in particolare quelli delle periferie. Sono convinto che nella condivisione del bene comune risieda l’essenza che rende la società civile libera. Ma tutti siamo chiamati a cooperare, in particola modo le istituzioni, per superare quel muro di gomma che non permette l’inculturazione di quei valori.”
Questo scrive Giuseppe Spatuzza che, dal luogo segreto in cui vive isolato, ha accettato la richiesta di Servizio Pubblico di scrivere una lettera a Palermo, la sua città, in cui chiede perdono per i suoi delitti.
Una storia come rapinatore e sicario, affiliato alla famiglia Brancaccio, è in carcere dal 1997. Si è dichiarato collaboratore di giustizia nel 2008 e da allora ha fatto luce sulla strage che vide vittima Paolo Borsellino e la sua scorta, nonché sui rapporti tra mafia e il mondo politico-imprenditoriale.
Il testo e’ datato febbraio 2014, ma solo adesso è stata autorizzata la sua diffusione.
“Porto sulla coscienza la responsabilità di avere oltraggiato un’intera città, pertanto desidero esprimere il mio pentimento sincero per tutto il male recato alle vittime innocenti di mafia, alle loro famiglie e a tutti quelli che uniti al bene comune, sono stati feriti da questa follia stragista.
Ai cittadini della città di Palermo chiedo perdono. Desidererei stringere le mani di ognuno e chiedere perdono. Vi prego di ricordare quello che sono stato, ovvero un criminale, ma anche di avere considerazione dell’uomo che sono oggi. Inoltre vi prego di accettare un mio abbraccio fraterno.”