“Rifiuti” e “Campania” sono due parole tornate frequentemente alla ribalta nelle ultime ore.
Dopo la scoperta di rifiuti tossici ricoperti da coltivazioni di pomodorini Dop alle pendici del Vesuvio, nelle campagne del napoletano rese celebri proprio dalla produzione della suddetta eccellenza campana, oggi a tenere banco è il verdetto della Commissione europea.
Ma andiamo a ritroso. La Corte di Giustizia avanza un ricorso provando a recuperare 46 milioni di euro di fondi strutturali revocati da Bruxelles a causa della procedura di infrazione sull’emergenza ambientale nella regione del Mezzogiorno.
L’Italia chiede di riavere indietro il denaro stanziato dalla Commissione europea per la gestione dei rifiuti nella Regione Campania. Attraverso il suddetto ricorso, si cerca di ottenere quindi l’annullamento della decisione con la quale il Tribunale dell’Ue aveva tolto al nostro paese alcuni contributi del Fondo di sviluppo regionale dedicato alla Campania. In ballo ci sono 46 milioni di euro di fondi strutturali.
Nell’ambito del piano operativo regionale della Campania le azioni effettuate e destinate a migliorare e a promuovere il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti valevano circa 93 milioni di euro; di questi, 46 milioni derivavano da cofinanziamento di fondi strutturali stanziati direttamente da Bruxelles. Questi soldi, però, sono stati congelati come effetto collaterale della procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia proprio per l’emergenza rifiuti.
La Commissione il 29 giugno 2007 ha inviato, per questo motivo, alle autorità italiane una lettera di “costituzione in mora” con l’addebito di una violazione delle norme europee per non aver adottato, in relazione alla regione Campania, “tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, per non aver creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento”.
A questa missiva ha fatto seguito una lettera del 31 marzo 2008, con la quale la Commissione ha tratto le peggiori conseguenze possibili dalla procedura di infrazione aperta. E “ha ritenuto di non poter ulteriormente procedere a pagamenti intermedi concernenti i rimborsi di spese relative” allo smaltimento dei rifiuti in Campania. Secondo l’Esecutivo comunitario, “la gestione dei rifiuti nel suo complesso risultava non soddisfacente con riferimento alla necessità di assicurare una corretta raccolta e smaltimento”.
La questione non si è chiusa qui, perché il 19 aprile del 2013 il Tribunale dell’Unione europea ha pronunciato una prima sentenza sulla materia. Con quella decisione si confermava l’orientamento “della Commissione di non versare all’Italia contributi finanziari Fesr per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Campania”. Dando peraltro seguito a un’altra pronuncia della Corte di Giustizia (4 marzo 2010) nella quale si certificava che il nostro paese non aveva adottato tutte le misure necessarie per migliorare la situazione di Napoli e provincia.
L’Italia ha quindi provato a impugnare la decisione dell’aprile 2013 davanti alla Corte di Giustizia europea: si tratta dell’ultima possibilità di recuperare i 46 milioni di euro di fondi strutturali. Al centro del ricorso, ancora una volta, la tesi secondo la quale la procedura di infrazione e lo stanziamento dei fondi europei riguardavano due momenti distinti: la prima si è scagliata contro il processo di smaltimento dei rifiuti, mentre i fondi strutturali dovevano servire alla fase di raccolta. In base alla regole comunitarie, la tagliola della revoca poteva scattare solo in caso di piena coincidenza tra l’infrazione e la causale dello stanziamento.
Oggi arriva la sentenza: la Corte di Giustizia europea ha respinto il ricorso dell’Italia e confermato la decisione della Commissione di rifiutare il pagamento dei fondi Ue per la gestione dei rifiuti in Campania. La Corte di Giustizia ha «respinto tutti gli argomenti dell’Italia ed il ricorso nel suo complesso» confermando che il procedimento di infrazione da un lato riguardava «l’intero sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti in Campania, inclusi il recupero o la raccolta e l’inefficacia della raccolta differenziata», dall’altro gli interventi che si sarebbero dovuti attuare «includevano gli aiuti per la creazione di un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, il recupero o la raccolta dei rifiuti a valle della raccolta differenziata nonché la realizzazione di discariche».f