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Napoli, una ex città artigiana

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
25 Ottobre, 2014
in Da Sud a Sud
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Napoli, una ex città artigiana
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images (3)Il XX secolo fu il secolo dei diritti dei lavoratori, conquistati a carissimo prezzo, e in Italia si formò una classe media, che viveva dignitosamente, si poteva permettere la macchina, le vacanze, di far studiare i figli. Fu anche il secolo delle guerre, ed il secolo del comunismo reale, che applicò per niente o malissimo le teorie economiche di K.Marx.

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Il XXI secolo si presenta come il secolo dei diritti persi dei lavoratori, che si perdono a carissimo prezzo, in Italia si sta formando una classe di poveri e disperati, ex lavoratori, che nessuno ha il coraggio di chiamare come nel XX secolo : proletari. Più del 30 % degli Italiani non si può più permettere la macchina, non si può più permettere di andare in vacanza, e il problema non è far studiare i figli, bensì dargli da mangiare. In questo secolo le guerre ci sono, e molto di più del secolo precedente, ma a parte qualche eccezione, sono tutte concentrate fuori dall’Europa. Il comunismo reale non c’è più, fatta eccezione per la Corea e per Cuba, e relativamente per il Venezuela. Le teorie di K.Marx, in questo inizio di secolo, dimostrano di avere una sostanza profetica, il capitalismo sta morendo, di per se stesso, ma non è sostituito dal Socialismo, bensì da una oligarchia finanziaria, che dominerà il mondo, peggio della Roma imperiale.

In questo senso, bisogna analizzare il periodo storico della città di Napoli da un punto di vista particolare, ovvero di quale rapporto esiste fra lo sfascio del tessuto artigianale della città e la disperazione giovanile che si trasforma in vandalismo, teppismo, microcriminalità e nel reclutamento nella criminalità organizzata, e nei casi di chi non delinque, in depressione, manie suicide, e nel migliore dei casi in emigrazione coatta, sotto il motto del 1860 e rotti “ O Brigante o emigrante “.

Dando uno sguardo, anche frettoloso, alla toponomastica cittadina, ci si rende subito conto che lo sviluppo urbano della città si svolse nella direzione di agglomerati di botteghe artigiane che si occupavano della stessa arte, vico carminiello ai mannesi, dentro gli orefici, su i guantai, S.Biagio ai librai, e simili. La città è stata per secoli un insieme operaio ed artigiano frazionato in migliaia di botteghe, che producevano manufatti, a volte anche di grande carattere artistico, venduti in loco ed esportati, o che si occupavano di restauri ed aggiustature . L’importazione selvaggia di prodotti già fatti, in massima parte cinesi, hanno distrutto il tessuto economico artigiano, le imposizioni fiscali hanno fatto il resto, le botteghe man mano sono implose, in queste botteghe i ragazzi napoletani ci entravano da piccoli, ci restavano a volte tutta la vita, a volte aprivano una loro bottega, imparavano l’arte, dal maestro: “ O masto”, che diventava un secondo padre, il più delle volte, e lavoravano, anche duramente, la sera erano stanchi, andavano a dormire, e la mattina, con la “marenna” sotto il braccio, riprendevano la giornata. Ora il patrimonio artigianale della città è quasi scomparso, i giovani napoletani negli anni ‘70 sono stati attratti dal mito industriale, la Fiat a Pomigliano, l’Italsider di Bagnoli, realtà finite o che stanno per finire. La impossibilità di lavorare sotto casa, di poter imparare un mestiere, mista ad un parcheggio universitario, ha creato una classe giovanile che non ha un mestiere nelle mani, ed un’istruzione che serve a ben poco nell’ottica di uno sbocco lavorativo. E quindi ci ritroviamo i giovani fuori i bar le giornate intere, che giocano ai videopoker con i soldi della pensione dei nonni, che scorrazzano per la città con motorini e motociclette, fino a notte fonda, si ubriacano, e finiscono nella maglie di chi li utilizza per scopi poco puliti. Ci sono tanti giovani che reagiscono positivamente, è vero, ma la loro reazione è nella direzione di andare via, lontano, portare le loro capacità in altre terre, e la nostra terra s’impoverisce sempre di più, anche delle risorse umane che dovrebbero servire alla ripresa.

Cosa resta qui ? Poco, o meglio quei pochi coraggiosi che lottano tutti i giorni e sperano che le cose cambino, e chi non ha niente da proporre. ed aspetta, non si sa nemmeno cosa.

Ma quando gli ultimi anziani non ci saranno più, e le pensioni spariranno, che succederà?

 

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