È un dramma tragico, disperato, angosciante quello in cui annega la città di Genova.
300 milioni di euro di danni stimati, 200 solo alle strutture pubbliche, e l’allerta 2 (il livello più alto) continuerà fino alla mezzanotte di lunedì: le scuole resteranno quindi ancora chiuse e 100 residenti nelle zone a rischio resteranno fuori casa fino a cessato allarme. La Regione Liguria ha chiesto lo stato di emergenza.
Le notti tra giovedì e sabato hanno seminato paura e distruzione a Genova, con il ponente cittadino colpito duramente dai fortissimi temporali che hanno flagellato la città. Due violentissimi nubifragi venerdì notte hanno allagato molte zone della città trasformando le strade in torrenti ed hanno invaso scantinati e negozi. Le linee Genova-Milano e Genova-Torino sono ancora chiuse al transito dei treni per la frana che ha fatto deragliare un treno. La macchina dei soccorsi si basa quasi esclusivamente sul volontariato. Sono “gli angeli del fango” armati di pale ed incessante voglia di riemergere dalle rovine di quel disastro che incessantemente gronda sulla città, incessantemente attivi per ripristinare la normalità. Ci pensano i giovani a pulire la città. Senza farselo chiedere, i ragazzi di Genova hanno preso in mano una pala e si sono offerti per aiutare i negozianti allagati. Propri loro, i figli dei ‘capelloni’ che nel 1970, con la stessa generosità, scesero in strada per spalare il fango durante la precedente grande alluvione.
E questo semina solidarietà e speranza tra gente, ma anche tanta rabbia, quella che deriva dall’esasperazione per l’assenza dello Stato. Una rivolta spontanea di un centinaio di commercianti e residenti che hanno rovesciato sulla strada quintali di merce infangato è la reazione più eloquente in tal senso. Sono due giorni che attendono i camion della spazzatura per liberare le case e i magazzini dai rifiuti e nessuno si è ancora visto, gridavano il loro diritto di “riunirsi” i genovesi contro le auto della polizia accorse per riportare l’ordine nel quartiere.
“Tante promesse, nessun mantenuta. E’ ora di dire basta“, ripetevano ai poliziotti. Non è stato facile convincere i dimostranti a ritirare la montagna di rifiuti gettata sulla strada; dopo una lunga mediazione, ci sono riusciti, ma la rivolta potrebbe presto scoppiare una volta ancora se l’Amiu non spazzerà via il fango al più presto. “Chiedo ai presidenti di Coni, Figc, Leghe di A e B di aprire un conto per raccogliere fondi da destinare agli alluvionati di Genova. Tutte le società, tutti i calciatori, tutti gli sportivi devono aiutare chi, ancora una volta, ha perso tutto: la casa, il lavoro, la speranza che questa città possa realmente e finalmente cambiare”.
Questo l’appello di Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria: “Le istituzioni dello sport italiano devono coinvolgere quelle europee – ha aggiunto il presidente blucerchiato – Dobbiamo attivare un pronto intervento collettivo. Genova non deve sentirsi sola con i problemi irrisolti”. “Mi aspetto risposte immediate da parte di Figc e dei presidente di A e B – conclude Ferrero – Istituiremo, con i tecnici del Comune e i rappresentanti dei cittadini, un comitato di sorveglianza per verificare che i soldi raccolti vengano investiti veramente per realizzare le opere. Allora si potrà dire che siamo uomini e non parolai”.
Sei incontri di Eccellenza, 13 di Promozione, 16 di Prima Categoria, oltre alle sfide dei campionati giovanili Juniores, Allievi e Giovanissimi, per un totale complessivo di 60 partite che dovevano disputarsi nel corso del weekend nella capitale ligure e che sono state inevitabilmente rinviate.
Napoli, al cospetto di questo dramma, partorisce a più riprese il seguente concetto: “Solidarietà ai “cugini”, gli siamo vicini in questo momento”.
In riferimento al longevo gemellaggio calcistico che lega la tifoseria rossoblu e quella partenopea, come se il suddetto rapporto di pacifica e reciproca stima fosse una condizione necessaria e sufficiente per dispiacersi al cospetto della tragedia in corso.
Tuttavia, ergere i rapporti calcistici quale metro valutativo delle emozioni da associare a catastrofi ambientali e a tragedie capaci di inginocchiare una popolazione, non ci rende poi tanto diversi da chi partorisce quei: “Lavali col fuoco” indirizzando sguardi pregni di odio verso la parte bassa dello Stivale.
Di certo, non ci rende migliori.