Quando ti giunge un messaggio come quello che stiamo per riportare integralmente, l’unica cosa, doverosa e lecita, da fare è stoppare il naturale e frenetico corso della quotidianità per dare ascolto a quel canto di disarmante ed umile aiuto:
“Mi chiamo Erika, ho 16 anni e sono una “cicciona.” Il mio aspetto deriva solo in parte dalla mia incapacità di resistere al richiamo dei dolci, ma principalmente dall’ipotiroidismo: una malattia diffusissima, ma, al contempo, sconosciuta, perché quando ci si trova davanti ad una “cicciona” raramente si presume che possa trattarsi di una persona malata. E ci tengo a precisare che l’ipotiroidismo è solo una delle tante, perché l’obesità è la triste conseguenza di molte altre malattie, anche e soprattutto psichiche.
Per fortuna, alla mia malattia c’è rimedio, ma non esiste alcuna cura utile ad asportare il grasso che marcisce al posto del cervello nelle scatole craniche di chi punta il dito contro i “ciccioni” denigrandoli e deridendoli. Grasso è sinonimo di ridicolo, ma chi lo ha stabilito?
Ridicolo è chi si rivela incapace di amare sé stesso e gli altri e di vivere in armonia con il mondo.
Ridicolo è chi trascorre intere giornate in palestra, dall’estetista e rimbalzando da un bar all’altro, senza aprire mai uno spiraglio alla cultura, senza interessarsi di ciò che accade nel mondo.
Ridicolo è chi pensa che Facebook è un’enciclopedia e non è capace di uscire fuori dagli stereotipi imposti dalla società mediatica per dare libera espressione alla propria personalità.
Ridicolo è chi è vuoto di sentimenti, valori, ambizioni, ideali e che può parlare solo per frasi fatte perché incapace di elaborare pensieri ed opinioni proprie.
Ridicolo è chi crede di avere tutto perché stringe un Iphone tra le mani e sa comprendere, invece, il pieno senso della sua povertà.
Ridicolo è chi “si scoccia” di fare i compiti e preferisce rimanere immobile per ore per far asciugare la colata di gel.
Ridicolo è chi mi ha detto: “Togliti, ci dobbiamo fare una foto, ce la rovini se vieni pure tu!”
Ridicolo è chi mi prende in giro perché ho 16 anni e sono vergine, loro dicono “ancora”, io “ancora” non lo aggiungo, perché non mi pesa ed è una mia scelta, non è come dicono loro: “Non lo hai ancora fatto perché sei grassa e nessuno ci vuole stare con te, perciò rimarrai vergine a vita!”
Sono una ragazza con dei valori, mi voglio bene e rispetto me stessa, non voglio essere come le mie coetanee che cambiano un ragazzo alla settimana per “essere alla moda”. Quando incontro un ragazzo che può piacermi, cerco di conoscerlo entrando in punta di piedi nella sua vita, non vado su Facebook a vedere quanti amici ha e quanti “mi piace” collezionano i suoi post, perché questo è ciò che valutano le mie coetanee per decidere se “stare insieme” o meno ad un ragazzo che le corteggia.
Avere degli hobby, coltivare degli interessi, ascoltare musica “diversa”, leggere dei libri, andare al cinema anche quando proiettano un film che non è ispirato ad un romanzo di Moccia, custodire dei valori e dei principi, unitamente al mio aspetto fisico sono le motivazioni per le quali non sono stata accettata “dal gruppo”.
All’inizio ho sofferto tanto, ho provato in tutti i modi a farmi accettare, ma ho ottenuto solo sfottò ed umiliazioni.
Quindi, inizialmente, ho reagito segregandomi in casa pur di non sottopormi a quella quotidiana dose di cattiveria gratuita, imbarazzante, crudele.
Eppure, quegli schiamazzi, le loro voci e i quei volgari insulti erano capaci di arrampicarsi fin dentro la mia stanza, attraverso le fessure della tapparella, abbassata anche di giorno, perché volevo che nemmeno il sole mi vedesse, perché non avevo voglia di vedere nemmeno il sole.
Poi ho imparato a vedere il grasso come una morbida, ma efficace “armatura” sulla quale lasciar rimbalzare i loro insulti, perché ho 16 anni, non sono affetta da un male incurabile che mi paralizza in un letto, bensì ho la fortuna di poter vivere una vita normale e non voglio, non posso e non devo permettere a nessuno, chiunque esso sia, di imbrunirmi la vita.
Allora ho deciso di ignorare “il gruppo” che adesso ho ribattezzato “il branco”, ho iniziato a frequentare nuovi contesti e ho conosciuto nuove persone che ben presto sono diventati i miei amici, quelli ai quali non importa come mi vesto o quanto peso, ma solo cosa ho da dire e da dare in termini di lealtà e sincerità. Annegando gli sfottò del “branco” nell’indifferenza, comportandomi come se nulla fosse, non camminando mai a testa bassa né imprimendo ai miei passi un’andatura insicura e spaventata, sono riuscita a ottenere quello che volevo: adesso per loro sono invisibile.
Anche se capita e capiterà sempre, mentre sono in metro o quando mi ritrovo davanti agli scaffali del supermercato, che la gente mi fissi e io so che accade per colpa del mio peso.
Tutto ciò ferisce e arreca tanti, troppi disagi a quelli come me.
Quello che è successo a Vincenzo è troppo, troppo grave, non riesco ad immaginare quanto sia atroce tutto quello che ha vissuto in quell’autolavaggio e le terribili conseguenze con le quali dovrà imparare a convivere.
Ed è accaduto solo perché è un “ciccione come me”.
Ed è proprio questa la ragione che mi sprona a scrivere queste parole che spero possano arrivare ai cuori di tanti “ciccioni come noi” incapaci di difendersi davanti a questi atti di bullismo.
A loro voglio solo dire: non permettete mai a nessuno di condizionare la vostra serenità e la vostra vita per il vostro aspetto, non abbiate paura di quei “bulli” e non nascondete né a voi stessi né ai vostri familiari minacce, aggressioni, insulti ed episodi spiacevoli, anche se apparentemente di poco conto. Parlarne e non tenersi tutto dentro è la soluzione ed è l’unico modo per non sprofondare nel pericoloso baratro della solitudine.
A quei “bulli” che denigrano, emarginano ed esercitano atti di violenza contro “i ciccioni”, invece, ho voglia di urlare solo una parola: VERGOGNA!”