Abbiamo deciso di pubblicare integralmente una segnalazione pervenuta alla nostra redazione, omettendo nome e generalità che possano rendere in qualche modo riconoscibile la protagonista di questa vicenda:
“Troppo spesso accade che di certe cose si parli solo “dopo”, quando ci scappa il morto, quando la persona protagonista di situazioni spiacevoli diventa un cadavere.
Spero che questa piccola forma di denuncia pubblica possa smuovere le coscienze e faccia comprendere alle donne abituate a “subire“ che è un nostro sacrosanto diritto reagire e non incassare.
Sono nata e cresciuta in una di quelle realtà di Napoli che vengono definite “a rischio” eppure il mio stalker è un figlio della “Napoli bene”.
Lui è il classico “bravo ragazzo”, vestito e pettinato bene, composto, educato, che non alza mai la voce, figlio unico di una famiglia benestante, ci siamo conosciuti in una nota discoteca di Napoli e fin dal primo sguardo ha perso la testa per me.
“Sei talmente bella che riesco perfino ad accettare che vivi lì!”
Questo mi disse quando seppe da dove provengo, pensando di farmi un complimento.
Non riuscivo a capire se mi piacesse o meno: il suo approccio, nonostante quello scivolone, fu garbato e diverso rispetto a quelli molto più rudi ai quali, purtroppo, sono abituata.
Grazie a quest’esperienza, però, ho imparato una lezione importante: non si deve diffidare di chi, fin dalle prime battute, manifesta le sue intenzioni, ma di chi cerca di ammaliarti con mille diavolerie, rendendoti impossibile comprendere in maniera chiara cosa gli passa per la testa.
Dopo quella sera, quel ragazzo ha iniziato il suo corteggiamento serrato: le sue frecciatine sulla “squallida realtà” in cui vivo si alternavano a complimenti e proposte.
“Se accetti di uscire con me, però, devo farmi prestare la macchina da qualche mio amico sfigato, perché non verrò mai dalle tue parti con la mia BMW!”
Anche questo è stato capace di dire. Fin da subito, questo suo modo di essere così classista ha funto da campanello d’allarme, per mia fortuna.
Quindi prendevo tempo inventando scuse e ogni venerdì sera, intanto, continuavamo ad incontrarci in quello stesso locale nel quale ci siamo conosciuti, lui in compagnia dei suoi amici, io dei miei.
Cercava sempre di convincermi ad appartarmi con lui, ma non sono quel genere di ragazza: vado a ballare per divertirmi con i miei amici, certo, non sono ipocrita, se incontro un ragazzo che mi piace, non scappo via, ma quello che aveva intenzione di fare lui, no, non mi diverte.
Una sera mi disse che aveva della cocaina con sé e mi propose di provarla: “Quando ti recapita? Questa è roba che costa!… Poi dopo ce la spassiamo!”
Gli girai le spalle senza neanche rispondergli ed è allora che è emersa la sua vera natura: mi afferrò per un braccio e mi stringeva forte, mi diceva cose orribili e continuava a trattenermi, nonostante gli dicessi di lasciarmi. Per fortuna un mio amico notò quanto stava accadendo e venne a liberarmi. Chiesi ai miei amici di tornare a casa immediatamente, perché quello che vidi nei suoi occhi e quella furia che mi sguinzagliò addosso mi fecero passare la voglia di divertirmi.
Nei giorni successivi seguirono prima messaggi di scuse che grazie al mio protratto silenzio si sono trasformati in autentiche minacce.
Insulti, orribili, ignobili, irripetibili, diceva che mi avrebbe preso con la forza e mi avrebbe tappato la bocca con 10 euro e poi avrebbe fatto divertire anche i suoi amici, perché così si trattano quelle che vivono dalle mie parti.
Era un incubo: bloccavo il suo account su facebook e continuavano ad arrivarmi valanghe di messaggi da parte di altri profili, dei amici suoi o fake creati da lui. Insulti e minacce, ingiurie, accuse infamanti.
Così, pur di preservare la mia serenità, mi sono cancellata da facebook e penso che mai più vi accederò.
Tuttavia non è bastato per mettere fine a quell’incubo.
Non gli ho mai dato il mio indirizzo di casa né il mio numero di telefono, eppure è riuscito a risalire ad entrambi: messaggi e chiamate continue, sul cellulare, sul numero di casa. Uscivo sempre di meno, avevo paura, la notte non dormivo, ma piangevo paura ed esasperazione, mangiavo pochissimo.
Tutto era diventato difficile: studiare, lavorare, pensare.
Ridere e sorridere era impossibile.
Poi, un giorno, mi è stato consegnato perfino un mazzo di fiori con un biglietto che riportava un messaggio tanto raccapricciante quanto inquietante che mi vergogno perfino a rendere pubblico.
Così sono stata costretta dai miei genitori a denunciarlo: ovviamente, però, in pratica e in termini spiccioli, mi sono sentita dire che non è una situazione “grave” e che si tratta più del “dispetto di un ragazzo rifiutato” che di “minacce che costituiscono un pericolo reale”.
Mi hanno invitato a telefonare il 112 se tornando a casa “noto qualcosa di strano”. Le forze dell’ordine, quelli che dovrebbero difenderci e tutelarci, mi hanno inflitto un’ulteriore mortificazione, tant’è vero che mi è passata perfino la voglia di sporgere denuncia. Perché sono stata assalita dalla sensazione che “non esiste diritto di giustizia per quelli che vivono qui”. Mi sono sentita come se fosse sbagliato ed indecoroso pretendere di “creare problemi” ai rispettabili signori della “Napoli bene”.
Non posso evitare di chiedermi se la reazione e la disponibilità delle forze dell’ordine sarebbe stata la stessa, se la vittima di quest’accaduto fosse una ragazza della “Napoli bene” e lo stalker un ragazzo della “Napoli difficile”.
Di quella Napoli che non abbiamo scelto, ma con la quale, io e tante altre persone “normali” abbiamo imparato a convivere armonicamente.
Ho cambiato numero di telefono, non vado più a ballare in quel locale il venerdì sera, sto cercando di convincermi che, prima o poi, si stancherà di tormentarmi e per mia fortuna sono circondata dall’affetto di amici e familiari, persone semplici e speciali.
Ho dovuto imparare a convivere con quest’incubo, perché non posso cambiare casa né quartiere. Eppure, quel bastardo, in certi momenti, mi ha fatto venire voglia di sparire pur di sfuggire all’inferno che mi scaraventato nella vita.
Provare a vivere una vita normale a Scampia può significare anche questo, ma una vita nata a Scampia non vale meno di un’altra ed è questo quello che vorrei che arrivasse alle persone, insieme ad un altro messaggio importante rivolto agli uomini: sono le vite di quegli esseri insulsi che praticano violenza contro le donne a valere meno di zero!”