La storia calcistica di Marek nasce proprio da qui: con quella maglia, parimenti azzurra, dello Slovan Bratislava. All’epoca era un adolescente gracile ed innamorato del calcio, non aveva ancora la cresta, ma quel capo era già diversamente adornato da sogni ed ambizioni e il suo talento, innegabile e sopraffino, era già palpabile.
Il fanciullo Marek stasera affronta il passato, ma adesso è capitan Hamsik.
E stasera lo ha dimostrato.
Prima a sé stesso e poi ai “soliti” criticoni, quelli che “quella fascia è un fardello troppo oneroso da sostenere per quell’esile braccio”, “è un calciatore mediocre e sopravvalutato”…
I valori espressi in campo rivelano in maniera marcata l’inferiorità del tasso tecnico della squadra di casa.
Eppure, ciò che risalta, stasera, è che Marek, capitan Hamsik, è ritornato ad esprimere il suo valore in campo.
Forse, come sovente accade nella vita, anche nel calcio occorre fare un passo indietro per ritrovarsi.
E da questo tuffo nel passato Marek ha estrapolato la migliore performance stagionale.
Un gol, un assist, piglio, fermezza, decisione, padronanza del campo, intraprendenza, tenacia, ma soprattutto cuore.
Quel cuore che le sue mani compongono in segno d’esultanza.
Quel cuore che distingue un uomo da un essere inanimato.
Quel cuore che diversifica un calciatore dal campione e che in campo fa la differenza.
Marek stasera ha fatto il capitano, ma soprattutto è ritornato a vestire il talento di Hamsik.
Sarà il tempo a stabilire se è “tornato per restare”, ma, intanto, lasciategli godere a quel fanciullo che giace nel corpo di un uomo tatuato e riservato la magia di questa notte.
Stasera c’è posto solo per i sogni e non per le polemiche.