La stagione 1997-98 comincia ad Udine con una clamorosa tripletta targata Batistuta, che manda in delirio il nuovo tecnico della Fiorentina, Alberto Malesani, al suo esordio in serie A.
Con una doppietta segnata la domenica successiva a Firenze, Bati inizia il campionato con 5 reti in due partite, e quella stagione taglierà l’ennesimo grande traguardo: i 100 gol in serie A.
La sua grandezza è quella di segnare e far segnare. Sognare e far sognare.
La Fiorentina, a fine campionato, conquista un posto in Coppa UEFA.
L’anno seguente ad allenare Batistuta c’è un mito della storia del calcio, l’allenatore che ha vinto più di tutti: Giovanni Trapattoni. Proprio grazie a lui, alla sua esperienza ed al suo carisma, Gabriel abbandona l’idea di lasciare Firenze: Trapattoni gli promette una squadra capace di lottare per lo scudetto.
E così sarà: la stagione 1998-99 vede la Fiorentina sola in testa alla classifica per più di metà campionato, con un Bati scatenato che segna a raffica e festeggia i suoi gol mimando una scarica di mitraglia.
Il 7 febbraio 1999, però, durante Fiorentina-Milan, Batistuta subisce l’infortunio più grave della sua carriera, che lo costringerà a stare fuori dai campi di gioco per più di un mese.
Il suo recupero comunque avverrà a tempo di record.
L’assenza del capitano condiziona sensibilmente la Fiorentina, privata del suo leader, che perde la guida del campionato a favore della Lazio, senza riuscire più a riconquistarla. Si piazzerà comunque al terzo posto, conquistando dopo trent’anni, la qualificazione alla Champions League.
Ed è proprio questo l’obiettivo primario di Batistuta e della Fiorentina per la stagione 1999-2000, insieme allo scudetto assaporato e poi perso l’anno precedente.
Adesso Gabriel ha due spalle fenomenali come Chiesa e Mijatovic, ed un sostituto di lusso come Balbo, grande amico anche nella vita privata e con queste premesse, Gabriel Omar Batistuta si lancia in una nuova avventura che potrebbe portarlo ad una definitiva consacrazione tra le stelle del calcio mondiale.
In realtà, quella fu l’ultima alla Fiorentina per Batistuta: a fine stagione, dopo 23 gol in 30 partite di campionato, con i viola settimi e qualificati in Coppa UEFA e diverse segnature in Champions League, decise di lasciare Firenze tra le lacrime.
Bati chiude il 1999 piazzandosi terzo nella classifica del Fifa World Player.
Con una tripletta all’ultima giornata di campionato, Batistuta diventò, con 152 gol, il maggior marcatore della Fiorentina in Serie A.
Con la maglia viola ha disputato un totale di 332 partite tra campionati e coppe segnando complessivamente 207 gol.
Nell’estate del 2000, a 31 anni, Batistuta passò alla Roma del presidente Franco Sensi per 70 miliardi di lire, ancor oggi la cifra più alta mai spesa al mondo per un ultratrentenne.
Nella sua prima stagione alla Roma realizzò 20 gol in campionato, contribuendo alla vittoria del terzo scudetto della storia della squadra capitolina, il primo della carriera per l’argentino.
Nella stagione successiva, anche a causa di problemi alla caviglia, giocò di meno e segnò 6 gol.
Il 17 gennaio 2003, dopo aver segnato nel girone d’andata 4 gol, Batistuta venne ceduto in prestito dalla Roma all’Inter dove rimase fino alla fine della stagione, collezionando 12 presenze e segnando 2 gol in Serie A.
A 34 anni, dopo dodici anni di permanenza in Italia, Batistuta decise di concludere la sua carriera in Qatar.
In 18 partite di campionato realizzò 25 gol.
Nella stessa stagione vinse la scarpa d’oro come miglior calciatore dei campionati asiatici oltre a realizzare quattro reti in una sola partita.
Nella stagione successiva, dopo tre partite, Batistuta si infortunò alla caviglia e anticipò il suo ritiro dai campi.
Attualmente Batistuta ricopre il grado di capocannoniere della top 10 di tutti i tempi nel campionato italiano e nel 2004 è stato inserito nella lista dei “125 giocatori viventi più forti della storia del calcio”.
Abile di testa come di piede, nei calci da fermo come nei movimenti smarcanti risaltava particolarmente per la prolificità in zona gol, capacità che gli ha permesso di battere diversi primati in tal senso. Oltre alle qualità strettamente tecniche, era considerato anche un leader in campo per via di carisma, tenacia, coraggio e intelligenza tattica. In campo si dimostrò spesso leale e corretto, venendo raramente sanzionato per falli non necessari.
Batistuta, inoltre, era dotato di una notevole potenza di tiro: il record personale di velocità impressa a un pallone è di 106 km/h. Il suo piede preferito era il destro, ma era in grado di calciare con simile precisione anche con il sinistro.
Il tiro di Batistuta era solitamente effettuato con potenza, preferibilmente di destro, indirizzando il pallone all’angolo opposto della porta avversaria. Con il tempo, affinò le sue capacità, arrivando a padroneggiare anche il mancino Il punto di forza rimase però il tiro con il piede preferito: nel suo periodo alla Fiorentina, di 168 gol ne marcò 92 con il destro, mentre 15 furono realizzati con il sinistro. Anche in acrobazia Batistuta era abile: segnò spesso al volo, in rovesciata o in sforbiciata.
Altro cardine del bagaglio tecnico di Batistuta era il colpo di testa. Già nei primi anni di carriera, il gioco di testa era un suo tratto distintivo. Successivamente, affinando le proprie doti naturali tramite intensi allenamenti, migliorò ulteriormente
Con il passare del tempo, Batistuta acquisì una crescente abilità nell’eseguire calci di punizione, fino a diventarne uno specialista. Data la considerevole potenza del suo tiro, preferiva le lunghe distanze alle brevi, poiché la maggiore distanza permetteva al tiro di abbassarsi maggiormente, inquadrando meglio lo specchio della porta. Diverso è il discorso per i calci di rigore: Batistuta ne sbagliò svariati, arrivando a fallirne 4 nella stagione 1996-1997: in totale, con la maglia della Fiorentina sbagliò 9 tiri dal dischetto.
Batistuta è una delle icone per eccellenza del calcio “old style”.
Nel gergo del guerriero il rispetto è la pietra miliare sulla quale ergere etica, principi ed ideologie.
Quel rispetto sinonimo di coraggio e fedeltà.
Quel rispetto che troppo spesso manca nel calcio moderno.
Questo è Batigol, un uomo all’antica, uno di quelli tutti di un pezzo, uno di quelli che hanno saputo scrivere la storia del calcio, animato solo da umiltà e passione.