“La popolarità non mi è mai piaciuta. Sono arrivato dove sono arrivato grazie ai miei gol, ma non ho mai cercato di essere famoso.”
Gabriel Omar Batistuta è stato e sarà tramandato ai posteri come uno dei centravanti più forti della storia del calcio.
Un calciatore ricco, bello, famoso, invidiato dagli uomini e desiderato dalle donne. Ma anche lui, come tutti, è stato piccolo, sconosciuto, gracile e soprattutto povero.
Anche lui, come molti di noi, ha vissuto momenti difficili, storie tristi e periodi travagliati, ma ha saputo farlo con quella dignità che contraddistingue la leggenda dall’uomo comune.
Gabriel non ha mai voluto bruciato le tappe. Anzi, le ha volute vivere tutte, intensamente, ben conscio degli ostacoli e delle problematiche che comportavano. Il salto nel vuoto per lui ha sempre rappresentato un’incognita troppo ingombrante. Gabriel ha conquistato la gloria attraverso il sacrificio, il sudore, la sofferenza, superando le mille selezioni naturali che la vita impone per arrivare a raggiungere la vetta.
Un bel bambino, raggiante e paffuto.
Questo era Gabriel quando il 1° febbraio 1969 urlò per la prima volta al mondo la gioia di essere nato.
Avellaneda, il suo paese d’origine, ignorava che quel giorno aveva dato i natali ad una delle stelle calcistiche più brillanti degli anni ’90.
Un’infanzia vissuta sulle orme dell’insostituibile figura di nonno Melchior e sotto la guida di papà Osmar, una uomo vecchio stampo, onesto e giusto, dignitoso nel suo ruolo di capofamiglia, ma soprattutto impreziosita dal profondo amore di mamma Gloria.
L’inconsapevole spensieratezza di Gabriel non gli consentì di prendere sul serio una grave crisi economica che falciò i risparmi della famiglia Batistuta e gli impose, per un periodo, di vivere alle soglie della povertà. Tuttavia, al piccolo Gabriel non è mai mancata allegria e gioia di vivere, a lui bastava pescare, dare un calcio ad un pallone e sognare.
Anche nell’albero genealogico dei Batistuta, Gabriel fu una mosca bianca.
Dopo di lui, Osmar e Gloria ebbero tre splendide bambine: Elisa, Alejandra e Gabriela. Nessuna invidia, forse un po’ di gelosia all’inizio, ma, dall’età di quindici anni, le attenzioni di Gabriel si concentrarono intensamente solo su una dolcezza femminile: Irina Fernandez, il grande amore della sua vita.
Tutto accadde ad una festa, ma non fu colpo di fulmine. Al primo corteggiamento Bati fu respinto, o meglio, ignorato: Irina, la festeggiata, quella sera ballò con tutti almeno per cinque minuti, a lui concesse solo qualche passetto.
Bati era un ragazzo cicciottello e poco affascinante, ma il suo carattere faceva già trasparire una delle sue doti migliori: la determinazione.
Bati non mollava mai.
E infatti il 28 dicembre 1990, nella chiesa di San Roque, Gabriel sposò Irina.
Dalle partitelle e dalla polvere del ‘Lombrico’, il campetto lungo e stretto dove Gabriel dette i primi calci al pallone, alla bolgia della Bombonera, lo stadio del Boca: un percorso accidentato, una strada impervia, irta, ricca di difficoltà, di tranelli, di scelte, ed inevitabilmente di fortuna.
Eppure, l’ambizione di diventare calciatore e goleador Batistuta non l’ha maturata subito.
Il suo sport preferito, inizialmente, era il basket.
E fino a che Gabriel non ha sfondato la porta d’accesso all’Europa ed ha scalato a suon di gol i gradini dell’Olimpo degli dei del calcio, forse, non ha mai pensato di poter diventare ricco e famoso dando calci ad un pallone.