È un giorno diverso a Napoli e non perché è venerdì e quindi, nell’arco delle prossime 48 ore, la bilancia penderà a favore del relax e del divertimento, a discapito di lavoro ed oneri e non è il clima ad essere pregno di qualche insolito ed usualmente asfissiante alito di afa, bensì è l’aria ad essere contaminata da un’impercettibile essenza di “diversità”.
Il sole fa a cazzotti con ingombranti nuvole, eppure, su Napoli è idealmente disegnata un’appiccicosa e calda cupola che concorre a creare una sorta di “effetto serra”: i panni che si appiccicano addosso, i ventagli delle vecchiette che sventolano all’impazzata, i clacson, i motorini, i pulitori di vetri ai semafori, eppure oggi la città esibisce un’espressione inconsueta e diversa.
Oggi è semplicemente “Napoli nel giorno in cui si celebra San Gennaro.”
San Gennaro: il Santo patrono e non solo quello.
San Gennaro, infatti, per i napoletani ricopre un valore assai più inestimabile del suo stesso tesoro e assume un’importanza più che sacra e solenne.
San Gennaro è l’unica entità di cui Napoli non potrebbe fare a meno.
Ed è questo ciò imprime nell’aria un’adrenalinica e commovente emozione: San Gennaro, come da tradizione, anche quest’anno ha compiuto il miracolo della liquefazione del sangue.
Il fazzoletto bianco sventola per ufficializzare il ripetersi del sacro accanimento e consentire, così, al popolo napoletano di liberare un accorato, vibrante e sentito sussulto di gioia.
San Gennaro è ovunque: sulle bancarelle improvvisate a ridosso del Duomo, all’interno dello stesso, sotto forma di santino, statua, medaglia, rosario, ma soprattutto San Gennaro è nei cuori dei fedeli accorsi per applaudirne le miracolose gesta.
Questo è quanto inequivocabilmente traspare dagli occhi di quella gente, del suo popolo.
Voci napoletane che si fondono con accenti stranieri, turisti che chiedono indicazioni sui luoghi d’arte da visitare e le vecchiette, le “nostre” nonne, s’improvvisano guide turistiche aggiungendo alle informazioni richieste, anche preziosi racconti storici, pregni di quella tradizione che fedelmente custodiscono.
E anche questo, se vogliamo, rappresenta un piccolo “miracolo nel miracolo”.
Il Duomo è gremito da un calderone di anime multietniche che trovano nell’unione d’intenti il più semplice e sincero punto di fusione: “italiani e napoletani”, cinesi, giapponesi, cingalesi, indiani, africani.
Oggi sono tutti fratelli, perché tutti “figli di San Gennaro”.
Ed anche questo, se vogliamo, rappresenta un tutt’altro che piccolo “miracolo nel miracolo”.