Convenzionalmente si crede che San Gennaro sia nato verso l’anno 272.
Una delle più consolidate tradizioni vuole che sia nato a Benevento, città di cui sarà vescovo, dove la pietà popolare individua a tutt’oggi la sua casa natale in dei ruderi romani siti nella via ad egli intitolata.
Il fatto che portò alla consacrazione episcopale di Gennaro sarebbe avvenuto all’inizio del IV secolo, durante la persecuzione dei cristiani da parte dell’imperatore Diocleziano.
Gennaro era il vescovo di Benevento e si recò, insieme al lettore Desiderio e al diacono Festa, in visita ai fedeli a Pozzuoli. Il diacono di Miseno, Sossio, amico di Gennaro, volendo recarsi ad assistere alla visita pastorale, fu invece arrestato lungo la strada per ordine del persecutore Dragonzio, governatore della Campania. Gennaro insieme a Festo e Desiderio si recò allora in visita dal prigioniero, ma, avendo negoziato per la sua liberazione ed avendo fatto professione di fede cristiana, furono anch’essi arrestati da Dragonzio e condannati ad essere sbranati dai leoni nell’anfiteatro di Pozzuoli.
Il giorno dopo, tuttavia, per l’assenza del governatore stesso, impegnato altrove o, secondo altri, per la simpatia che il popolo mostrava verso i condannati e quindi per evitare disordini, il supplizio fu sospeso. Secondo la tradizione, invece, il supplizio fu mutato per l’avvenimento di un miracolo: le fiere si inginocchiarono al cospetto dei condannati, dopo una benedizione fatta da Gennaro.
Dragonzio comandò allora che a Gennaro e ai suoi compagni venisse troncata la testa. Condotti nei pressi dell’attuale Solfatara di Pozzuoli furono decapitati nell’anno 305.
Gli Atti affermano che nel luogo del supplizio sorse una chiesa in ricordo del loro martirio, mentre il corpo di Gennaro sarebbe stato sepolto nell’Agro Marciano e solo nel V secolo traslato dal duca-vescovo di Napoli Giovanni I nelle Catacombe di San Gennaro.
Sempre secondo la tradizione, subito dopo la decapitazione sarebbe stato conservato del sangue, come era abitudine a quel tempo, raccolto da una pia donna di nome Eusebia che lo racchiuse in due ampolle; esse sono divenute un attributo iconografico tipico di San Gennaro.
Secondo la tradizione, il sangue di san Gennaro si sarebbe sciolto per la prima volta ai tempi di Costantino I, quando il vescovo Severo (secondo altri il vescovo Cosimo) trasferì le spoglie del santo dall’Agro Marciano, dove era stato sepolto, a Napoli. Durante il tragitto avrebbe incontrato la nutrice Eusebia con le ampolline del sangue del santo: alla presenza della testa, il sangue nelle ampolle si sarebbe sciolto.
Storicamente, la prima notizia documentata dell’ampolla contenente la presunta reliquia del sangue di San Gennaro risale soltanto al 1389: nel corso delle manifestazioni per la festa dell’Assunta di quell’anno, vi fu l’esposizione pubblica delle ampolle contenenti il cosiddetto “sangue di San Gennaro”.
Il 17 agosto 1389 vi fu una grandissima processione per assistere al miracolo: il liquido conservato nell’ampolla si era liquefatto “come se fosse sgorgato quel giorno stesso dal corpo del santo”.
Oggi le due ampolle, fissate all’interno di una piccola teca rotonda realizzata con una larga cornice in argento e provvista di un manico, sono conservate nella cassaforte dietro l’altare della Cappella del Tesoro di San Gennaro. Delle due ampolle, una è riempita per 3/4, mentre l’altra più alta è semivuota poiché parte del suo contenuto fu sottratto da re Carlo III di Borbone che lo portò con sé in Spagna.
Tre volte l’anno (il sabato precedente la prima domenica di maggio e negli otto giorni successivi; il 19 settembre e per tutta l’ottava delle celebrazioni in onore del patrono, ed il 16 dicembre), durante una solenne cerimonia religiosa guidata dall’arcivescovo, i fedeli accorrono per assistere al miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro.
La liquefazione del tessuto durante la cerimonia è ritenuto foriero di buoni auspici per la città; al contrario, si ritiene che la mancata liquefazione sia presagio di eventi fortemente negativi e drammatici per la città.
Un analogo fenomeno, anch’esso ritenuto miracoloso, si suppone che avvenga anche a Pozzuoli, dove, nella chiesa di San Gennaro presso la Solfatara, su di una lastra marmorea su cui si afferma che Gennaro fosse stato decapitato e che sia impregnata del suo sangue, ancora oggi c’è chi sostiene che delle tracce rosse diventino di colore più intenso e trasuderebbero in concomitanza con il miracolo più importante che avviene a Napoli.
La Chiesa precisò che lo scioglimento del sangue di San Gennaro, pur essendo scientificamente inspiegabile, non obbliga i fedeli cattolici a prestare l’assenso della propria fede: tale evento venne definito come un fatto prodigioso e venne approvata la venerazione popolare, essendo impossibile, allo stato dell’attuale conoscenza dei fatti, un giudizio scientifico che spieghi il fenomeno della liquefazione.
Numerosi sono stati gli studiosi e gli scienziati che, nel corso degli anni, hanno prestato ore, ricerche ed attenzione al fenomeno, per fornirne una spiegazione scientifica al fenomeno, seppure la tradizione popolare, in particolare quella partenopea, segue e rispetta leggi che non necessitano di essere supportate dalla ragione, soprattutto quando l’oggetto della discussione è San Gennaro.