Uomini, non vogliatemene, prendete questa nuova rubrica con la dovuta e doverosa ironia.
Donne, abbracciamoci virtualmente e guardiamoci dentro per trovare il coraggio di ammettere che questa sarà pure una rubrica satirica, ma saldamente ancorata su un fondo di sacra verità.
Ho ascoltato e preso parte a centinaia di milioni di migliaia di discorsi sugli uomini, partoriti da voci femminili.
Questo mi ha portato ironicamente a catalogare i più o meno dignitosi rappresentanti della categoria in due sostanziose e sostanziali “specie”: “il toro” e “la ricciola”.
Due animali!?
Si, perché gli animali rispecchiano le caratteristiche, i limiti, gli eccessi, i pregi, i difetti e gli stereotipi umani, meglio di mille parole, in maniera più appagante, calzante ed eloquente di qualsiasi altro esempio.
“Il toro” è l’amante perfetto: aspetto curato, quasi più del nostro, fisico impeccabile, cultore del bello a 360% e questo ci manda terribilmente in crisi, perché dagli slip agli orecchini, la sua memoria random è capace di ricordare nei minimi dettagli tutti i nostri outfit, passionale, quasi fino a diventare asfissiante, diversamente romantico, ovvero le sue frasi sono regolamentate da una proporzione matematica ben definita: ad una frase sensata devono seguire almeno due assurdità colossali, ad un complimento almeno due uscite infelici, ad un invito a cena, almeno due round tra le lenzuola. (In tal senso, benedetto sia l’inventore del linguaggio non verbale!).
Dopo il rapporto fisico, è l’acuta e tutt’altro che casuale alternanza di linguaggio verbale e non verbale a piantare i paletti che impongono le distanze inviolabili: l’immancabile sigaretta, braccia incrociate, sguardo attentamente impegnato a percorrere tutte le traiettorie utili a schivare i nostri occhi, onde evitare che possiamo carpire emozioni e sensazioni alle quali attribuire un senso arbitrario e compromettente, s’intavolano discorsi futili ed insensati, pregni di luoghi comuni e frasi sterili, mentre, in realtà, nella mente del toro, incalza, come un martello pneumatico, un sol desiderio: “Perché no ti rivesti e vai via? Ho sonno, voglio dormire!”
Semmai l’ingenua di turno cerca un contatto fisico, le scuse propinate per schivare l’attacco sono tanto imbarazzanti quanto inverosimili: “No, dai, spostati, sono sudato…” quando appena 10 minuti prima ha affrontato una gara olimpionica di nuoto nel suo stesso sudore!
Oppure blatera un improbabile: “Ho caldo” mentre è raggomitolato sotto le lenzuola!
Un’apatia che lo porta a sembrare la controfigura della macchina del sesso che ha dimostrato di essere su quello stesso letto pochi attimi prima. Un mistero arcano che pretende di essere lasciato solo, per potersi dare il cinque con il suo ego ed iniziare a buttare giù il racconto della performance del giorno da propinare la mattina seguente al gruppo d’ascolto che si raduna al solito bar.
Già, la mattina dopo, quella che lei trascorre fingendosi diversamente impegnata, ma in realtà il lavoro, lo studio, la palestra e qualsiasi altra “frivola” attività fungono da passatempo per esorcizzare “l’ansia da messaggio” quella che innesca le dinamiche più maniacali ed illogiche: “Fammi vedere quando si è connesso l’ultima volta su “Whatsapp”… Alle 2.17!??! Cioè… 5 minuti dopo che sono andata via!??! E con chi parlava!!!????!!!”…. “È online su Facebook! Ora mi metto in linea anche io, così vedo se mi contatta!” … “Si è fatta ora di pranzo e ancora non si è fatto sentire… Può darsi che ancora dorme…. Ah no, si è connesso su Whatsapp alle 11.47!…. Vabbè, forse il mio telefono è irraggiungibile, ora mi faccio uno squillo da casa per controllare!”
In realtà, passano giorni e il toro non batte colpi, il controllo incessante dei movimenti virtuali diventa sempre più serrato e a supporto di una potenziale ricostruzione degli spostamenti avvenuti, Facebook ricopre un ruolo determinante: “È stato taggato qui… Ok, è uscito con gli amici… Ha messo “mi piace” alla foto di questa!??! Ma è cieco???? Non vede quanto è orribile!!!” (E, come minimo, la tipa in questione è una panterona, alta, slanciata, formosa e con fare da Dea!)
E la situazione si aggrava, di ora in ora, fino a richiedere una riunione d’emergenza tra donne, nell’ambito della quale, il toro, in quanto insulso rappresentante della categoria maschile, viene messo al rogo. È il capro espiatorio di turno contro il quale ognuna della partecipanti scaglia la sua rancorosa ed indispettita pietra: “Sono tutti uguali, fanno tutti schifo!” “Fanculo gli uomini, stiamo bene anche da sole!”
Il rituale, poi, si conclude con le direttive, solite ed utopistiche, intimate alla “preda del toro”: “Non farti viva per nessun motivo al mondo, se ti cerca, fatti desiderare e soprattutto metti le cose in chiaro: deve capire che sei diversa dalle altre e che non sei la sua bambolina!!!”
Sistematicamente accade che il destino dimostri quanto ami prendersi beffa delle nostre stesse debolezze e proprio mentre “la vittima” sta rincasando le arriva, nel cuore della notte, il tanto atteso messaggio del toro: “Ti aspetto a casa, ti voglio!”
E in un nanosecondo tutte le lungimiranti ed irriverenti raccomandazioni del “woman’s-club” si sgretolano miseramente, perché “la vittima” non spreca neanche del tempo per elaborare una risposta, pur di fiondarsi il prima possibile a destinazione! E il toro ne è consapevole, perché sa di averla sotto scacco.
Così, la ruota che incessantemente genera quel circolo vizioso continua a girare!
La ricciola?
Quella è ancora un’altra storia e merita di rientrare in un discorso a parte…