Napoli, sabato notte, Corso Garibaldi.
Dopo aver letto solo l’antifona che introduce la notizia, molti si chiederanno: “Morti o feriti?” altri ancora, a prescindere dall’accaduto, si sentiranno legittimati a concludere, da questo stesso connubio di elementi che in un certo qual modo impone alla notizia stessa di dilagare in un fatto di cronaca: “Vabbè è risaputo che quella è una zona pericolosa…”
Una città incapace di ripulirsi dai suoi più raccapriccianti e nocivi luoghi comuni, vittima indifesa dei suoi stessi stereotipi, ma soprattutto impossibilitata ad arginare il fenomeno della criminalità che continua a rappresentare uno dei capisaldi, inamovibili e temibili, capace di dettare ed imporre legge, la sua cruenta e dispotica legge, sulla città e in prossimità di essa.
La criminalità parte dal cuore pulsante di Napoli, per diramarsi lungo tutte le sue arterie e confluire nelle province e nelle periferie più remote.
Stavolta, ancora una volta, i protagonisti dell’episodio sono un malvivente, due 17enni, i telefono cellulari e un coltello.
Facile, troppo e prevedibilmente facile incastonare i suddetti pezzi per ricostruire il puzzle.
I due ragazzi percorrevano le strade del notoriamente malfrequentato e semi-deserto corso partenopeo, allorquando sono stati affiancati dal rapinatore che gli ha intimato di consegnargli i cellulari. I due oppongono resistenza ed è allora che il malvivente li accoltella, ferendo entrambi al braccio, in maniera non grave e procurando loro ferite guaribili in una manciata di giorni.
Uccidendo, così, ancora una volta, una di uno dei primordiali, essenziali e vitali valori etici, morali, ideologici, umani: la libertà, tramutandola ferocemente in indomita e grezza paura.
Quella paura che irrompe nella quotidianità di un uomo, quando un altro uomo, armato di prepotente e sfrontata violenza, impone la sua disperazione o frustrazione o incapacità o squilibrio o follia nella sua vita.
Un giornale qualunque chiuderebbe l’articolo con la consueta frase di rito: “Sull’accaduto indaga la polizia”.
La conclusione più opportuna, a mio avviso, è questa: cittadini, criminalità, istituzioni.
Quando i suddetti tasselli andranno a comporre un mosaico sul quale sarà possibile rilevare i marcati colori della serenità?