Considerata dall’UNESCO “patrimonio dell’umanità”, Paestum rimane, per l’arte, la natura, i sapori e gli eventi che la caratterizzano, tra le più belle città della Magna Graecia.
Meta turistica della provincia di Salerno tra le più ammirate e conosciute dai turisti italiani e stranieri (è al 24° posto nella classifica stilata dal Mibact su musei e siti archeologici più visitati in Italia), deve la sua “fortuna” all’area archeologica dove sono conservati i resti di alcuni dei più grandiosi e meglio conservati templi greci di ordine dorico paragonabili per bellezza soltanto al Partenone di Atene.
Eppure, nonostante la rilevanza dei monumenti di questo sito, in un Paese come il nostro, in cui ciclicamente va di moda considerare i beni che i millenni e la storia ci hanno donato come “petrolio cuturale”, si lascia che le antiche rovine giacciono in condizioni di totale abbandono. Basta farsi un giro attorno ai templi di Nettuno, di Atena, di Hera per comprendere, a malincuore, le attuali condizioni in cui versa il sito archeologico più visitato del sud Italia, dopo Pompei.
A causa di una scarsa, per non dire inesistente, manutenzione, le antiche rovine sono infestate dalle erbacce: piante di fico crescono nelle domus e le erbacce negli impluvium, le vasche quadrangolari progettate per raccogliere l’acqua piovana. Come se non bastasse le balaustre in legno che circoscrivono il perimetro degli antichi templi per impedire l’accesso sono in gran parte spezzate e divelte, e in barba al regolamento che vieta l’ingresso nei santuari, c’è chi approfitta della scarsa sorveglianza per scattare foto ricordo nell’area sacra del tempio di Nettuno. Non sono migliori le condizioni dei cartelli informativi, tutti segnati, in alcuni casi incomprensibili se non addirittura inesistenti. Tutti comunque inutili.
Dinnanzi al totale abbandono in cui versa l’area archeologica degli scavi archeologici di Paestum, viene allora da chiedersi come sia possibile che uno dei siti archeologici più visitati al mondo versi in queste condizioni quando basterebbero interventi costanti, esigui investimenti e un minimo di cura per non lasciare nella bocca dei visitatori il gusto amaro dell’incuria, di una sciatteria e di un disinteresse non giustificabile.
Soprattutto, pur riconoscendo le responsabilità della Soprintendenza dei beni archeologici di Salerno, Avellino, Caserta e Benevento, la quale si occupa, o meglio sarebbe dire “dovrebbe occuparsi” del Parco archeologico di Paestum per conto del Ministero dei beni culturali, ci si chiede come sia possibile resistere a qualunque forma di intimidazione pur di portare a casa un selfie, mettendo a repentaglio una eccezionale testimonianza di un illustre passato che non trova in questo presente un degno successore.
Perchè fino a quando non si riuscirà ad inculcare nelle persone l’importanza e la centrale rilevanza del nostro straordinario patrimonio culturale e paesaggistico nella crescita e sviluppo del nostro Paese, non ci saranno iniziative di tutela e valorizzazione che tengano. Fino a quando ci saranno turisti italiani e stranieri che infrangeranno i divieti esistenti pur di portare a casa una semplice fotografia che li ritrae nel pronao di un tempio, è inutile parlare di “patrimonio dell’umanità” se una parte di quella stessa umanità per la quale si cerca di preservare questo sito si arroga il diritto di farne l’uso che ritiene senza curarsi minimamente del rischio a cui espone queste meravigliose testimonianze storico-artistiche.
Fonte: Ph. Antonio Cangiano