La National Gallery di Londra si arrende alle nuove tecnologie e rimuove il divieto di scattare fotografie all’interno del museo, negli spazi adibiti alla collezione permanente. L’impossibilità di controllare l’uso che i milioni di visitatori che ogni anno si aggirano per il noto museo londinese fanno di smartphone e tablet ha indotto il museo di Trafalgare Square a cancellare ufficialmente il divieto di scattare fotografie ai dipinti in esso conservati, pur continuando a proibire i flash e l’uso commerciale delle foto.
A smantellare una politica rigidamente osservata fino a qualche giorno fa ha contribuito l’introduzione del wi-fi gratuito nelle aree pubbliche del museo, scelta fatta al fine di consentire ai visitatori di cercare in rete maggiori notizie sulle opere esposte. È diventato così difficile per gli assistenti di sala distinguere con certezza tra coloro che utilizzavano il wi-fi per cercare in rete notizie dei dipinti e quanti invece stavano solo tentando di aggirare il divieto e rubare una foto, o peggio ancora un selfie con Rembrandt o Vermeer, per citare soltanto due degli artisti più gettonati. Di qui la scelta di abbassare le armi e sventolare bandiera bianca.
Una scelta questa già adottata da musei come il Louvre, il Met e il Moma e che presto potrebbe essere adottata anche nel nostro paese: allo stato attuale è una delle proposte fatte dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini nella sua riforma.
Gli “illustri precedenti” non sono serviti a placare l’accesa polemica scoppiata in seguito alla diffusione della notizia.
Nel dibattito inglese, c’è chi difende il selfie e lo scatto a un dettaglio di un quadro, magari per ristudiarselo a casa, come un vero passo avanti per l’arricchimento culturale e chi, dall’altro lato, si preoccupa per questioni conservative relative alle opere esposte e per il disturbo arrecato agli altri spettatori dai visitatori-fotografi che abbagliano con i flash e assediano le opere. C’è poi chi denuncia “la cultura del non guardare che le macchine fotografiche propongono”, come ha scritto Sam Cornish sul suo sito Abstract Critical. Di questa opinione è anche il Guardian, il quotidiano britannico che in un editoriale ha polemizzato contro coloro che “preferiscono fotografare ed essere fotografati invece di guardare”.
In effetti per chi visita un museo la cosa affascinante dovrebbe essere guardare le immagini da vicino, fermarsi ad osservarle per cercare di cogliere la magia creativa che le sottende e non concentrare tutte le proprie energie a documentare la propria visita con una foto da condividere poi su un social network, tipo Twitter che ha già lanciato l’hastag #MuseumSelfie. È questa però una scelta personale, legata anche ai motivi che spingono una persona ad entrare in un museo.
E se ormai è impossibile vietare ai visitatori della National Gallery di scattare foto all’interno del museo, possiamo però continuare a sperare che il buon senso delle persone scongiuri un abuso del mezzo fotografico a cui ricorrere, se non altro, per mantenere vivo il piacere che si prova di fronte ad un’opera d’arte e non per una sterile autoesaltazione di se stessi.