Il capitano è l’uomo simbolo di una squadra.
Capitan Marek è l’uomo chiamato ad ergersi a leader del Napoli, nel corso della stagione che si appresta ad iniziare anzitempo, per effetto dei turni preliminari utili per conquistare un posto nell’Europa calcistica che conta e che incombono sulla squadra di Benitez.
È un Hamsik caparbio, determinato e volitivo, quello che emerge dall’intervista rilasciata al Corriere dello sport: “M’avete visto arrivare ragazzino, però resto un giovanotto dentro. Ho l’energia del primo giorno, ho l’entusiasmo del 2007, quando approdai a Castel Volturno. Qui sono cresciuto sino a diventare uomo. Posso ritenermi orgoglioso di quello che ho fatto e ottimista su quello che faremo assieme in una città che mi è diventata immediatamente cara.
Dal primo giorno vissuto a Napoli ho pensato sempre e solo a far bene. Senza guardare tanto oltre il mio naso. Io sono abituato a vivere alla giornata, a non fossilizzarmi su argomenti che possono svanire improvvisamente per un nulla: il calcio è impietoso, ti sottrae in certi casi la possibilità di sognare, perché basta poco a modificare il destino. A settembre del 2013, quando cominciai così bene il campionato, non sospettavo che poi mi sarei imbattuto nel primo vero infortunio della mia carriera, che mi ha tolto due mesi effettivi di calcio e certe sensazioni che ho ritrovato con il tempo. Quando rientri, dopo un periodo così lungo, ti porti dentro sempre – magari in maniera inconscia – un retaggio dell’incidente: non è paura e neppure condizionamento psicologico, forse vien soltanto meno quella confidenza a palleggiare e a correre che poi ha bisogno di riprodursi. O forse, più semplicemente, la naturalezza in movimenti. Però è andata.”
Marek, inoltre, sfata anche il falso mito del presunto scarso feeling con il modulo di Benitez: “Un falso problema. Mai esistito. Non ho mai avvertito disagi del genere, anche se non nascondo che ci sono stati momenti in cui non sentivo di essere me stesso. Ma, ripensandoci, riattraversando quel periodo immediatamente successivo allo stop di due mesi, le sensazioni venivano dalle prestazioni: e allora, nel calderone delle cause, ci infili tutto. Ma io in questo Napoli ci sto bene.”
Ed, ovviamente, il pensiero vola al preliminare di Champions: “Dal diciannove agosto bisognerà far sul serio: quelle due partite possono indirizzare una stagione, perché è chiaro che la Champions introduce in una dimensione diversa il club, la città e anche noi calciatori. Sarebbe semplicemente fantastico riuscire a cogliere per la terza volta la qualificazione, significherebbe concedere ulteriore prestigio al lavoro di questa società nell’era De Laurentiis. A me quell’atmosfera è sempre piaciuta un sacco e rientrare tra le star di una manifestazione che seduce è un obiettivo a cui non si vuole rinunciare.”.
Infine è lo stesso calciatore slovacco a spiegare cosa rappresentala fascia da capitano: “Avverto il peso della responsabilità della fascia e mi piace portarla a spasso. Sento di dover essere diverso, di poter rappresentare non solo me stesso: pure questo rappresenta l’evoluzione d’un cammino. Però ho fatto le prove generali già più volte e dunque sono allenato anche a questo.”
E se sarà realmente e finalmente lui l’uomo-leader di questo Napoli sarà il campo a stabilirlo.