Il calcio moderno, di rado, decisamente troppo di rado, ci consegna storie che narrano sentimenti dignitosi, genuini, positivi, educativi, degni dell’essenza primordiale di questo sport, quella sporca soltanto di terriccio e fili d’erba e null’altro, capaci finanche di arricchirlo di quei valori che lo rendono ancora meritevole del nostro sincero e sconfinato amore.
Quella tra Valon Behrami e il Napoli non è tanto una storia calcistica giunta all’epilogo e, pertanto, meritevole di essere narrata, quanto più un sentimento umano, sincero ed in quanto tale, destinato a perdurare nel tempo, tra un calciatore e la gente che ama i colori che rappresentano la loro squadra del cuore.
Non ha senso riportare freddi ed impersonali dati statistici che altro non sanno lasciar intendere all’infuori del numero di volte in cui il nazionale svizzero è sceso in campo vestendo la maglia del Napoli, ma nulla sanno documentare riguardo il sentimento custodito nel cuore che batteva sotto quella maglia.
Valon che su quello stesso cuore ha costruito il suo punto di forza, umano e calcistico, condendolo con abbondanti razioni di grinta, carattere, tenacia, combattività.
“Interdittore, bravo a rompere il gioco”: simili etichette le lasciamo cucire a chi per parlare di calcio ha bisogno d’impastarsi la bocca con terminologie prolisse ed articolate, quasi come se fosse una condizione sine qua non per dimostrare competenza nel relazionarsi alla materia, detto in termini spiccioli e schietti: Valon è stato un guerriero.
La piazza di Napoli, in tal senso, è la più sensibile e spietata platea di talent scout di mercenari e davanti alla carriera di un calciatore, quando salpa all’ombra del Vesuvio, si disegna un’unica strada possibile da percorrere per conquistare un perpetuo posto nell’Olimpo degli Dei in maglia azzurra: onorare la maglia.
Valon, quel posto, il suo posto, lo ha conquistato sudando.
Non sarà, di certo, in prima linea, accanto a Maradona, Careca ed altri prodigiosi nomi della storia calcistica partenopea, esattamente come confà al suo ruolo, in totale ed esaustiva sintonia con il suo modo di essere, uomo e calciatore, in doverosa armonia con il suo lavorare in sordina, lontano dai riflettori, scevro da virtuosismi e giocate raffinate, per dare corpo e forma alla sostanza, quella dalle quali nascono tutte le grandi cose.
Un anno fa, durante la presentazione del Napoli dalla sede del ritiro estivo di Dimaro, al cospetto dei tifosi che intonavano un coro che lo incoronava: “Uno di noi”, con estrema e semplice umiltà, Behrami disse che trovava rilevava un eccesso di zelo in quel coro, perché lui era solo un calciatore che faceva il suo lavoro.
Allora i napoletani e lo stesso Valon, non potevano sapere che quella era una delle sere che introduceva il suo ultimo anno d’azzurro vestito.
Adesso si.
Lo sa Valon, lo sa Napoli.
E Valon al cospetto dell’addio che Napoli gli ha indirizzato, ha svestito la maglia da calciatore e si è congedato dal “Paese d’ ‘o Sole” lasciando che fosse il cuore dell’uomo Behrami a formulare l’ultimo saluto:
“È incredibile leggere tutto quello che mi state scrivendo non me l’aspettavo e mi Rende ancora più fiero di aver indossato la maglia azzurra, siete unici in tutto, in qualsiasi gesto ho sentito il vostro amore per la maglia e la città, ho cercato solo di rispettarla ed onorarla.
Ora vi auguro di poter finalmente avverare il vostro sogno che si chiama scudetto.”
Grazie Valon, onore a chi onora la maglia.
Onore a te.