E’ sotto gli occhi di tutti che i mass-media, il mondo del digitale e quant’altro, propongano stereotipi ben definiti di bellezza. Però, ed è questo il punto sul quale voglio porre l’attenzione, e voglio lo facciate anche voi, insieme alle forti spinte all’omologazione culturale ed estetica si assiste anche al fenomeno opposto.
Concetti e modelli diversissimi tra loro assumono contemporaneamente caratteri di massa. Se mai un uomo del futuro venisse a visitare il nostro tempo soffermandosi sulle nostre opere d’arte, non riuscirebbe assolutamente a individuare un preciso canone di riferimento, un modello unificante. Dovrà arrendersi di fronte all’orgia della tolleranza, al sincretismo totale, all’assoluto e inarrestabile politeismo della bellezza. Ma questa caratteristica del nostro tempo è un bene o un male?
Diciamo che è un po’ e un po’. L’assenza di un’idea di bellezza condivisa porta al relativismo culturale senza principi e alla mancanza di gusto estetico. Le nostre città, con la loro contrapposizione disarmonica di stili architettonici ne sono un esempio, oltre ad essere anche un esempio di bruttezza. La mancanza di un gusto condiviso porta con sé il pericolo della perdita di senso comune, di uno sbandamento estetico che smarrisce. Cosa è davvero bello? Cosa è brutto? Ritorniamo quindi alla soggettività estrema, che proprio in virtù del suo relativismo così spinto non poggia più su alcun foondamento? Sembrerebbe di sì. Ma attenzione, proprio questo soggettivismo della bellezza fa prestissimo a divenire moda, massificandosi, divenendo in qualche misura cifra comune del sentire. Un vero e proprio paradosso.
Però, dobbiamo anche osservare il lato positivo della questione. Questo relativismo esasperato può offrire una maggiore libertà nell’affermare e nell’esprimere il proprio gusto e la propria idea di bellezza. Dall’altro apre a nuovi orizzonti di bellezza, aperti al futuro che vogliamo costruire. Diventiamo i soli responsabili della nostra visione di bellezza, e di come orientare la bellezza più grande, quella della nostra vita. Ma attenzione. Per arrivare a conferire un carattere di positività a questo politeismo estetico c’è bisogno di cultura e intelligenza. Solo una grande consapevolezza può far nascere un maturo senso estetico, solo essendo informati possiamo scegliere nel rispetto delle nostre inclinazioni. Altrimenti saremo preda di una frammentazione modaiola, ed aderiremo alle mutevoli innovazioni solo per non sentirci esclusi o ridicoli.
E’ un dato di fatto che le mode estetiche del momento siano più radicate in soggetti deboli dal punto di vista intellettivo. I tatuaggi imperversano nel mondo dello sport, del calcio soprattutto, dove sono diventati marchi d’identificazione. Tagli di capelli o particolari tinte improponibili, vengono accettate perché non seguirle significherebbe eslusione, emarginazione. Ad ogni nuovo anno nuovi stili vengono proposti, e tutti, come gregge dietro un cattivo pastore, seguiamo la nuova visione. Non importa se ci piaccia o meno, ciò che conta è seguirla, è essere al passo coi tempi, è essere moderni. Ci si dimentica però che essere al passo coi tempi porta in sé un grave pericolo: si rischia costantemente di essere fuori moda da un momento all’altro.
Quanti di noi camminando in giro non rimangono sorpresi dalla rapidità con cui si radicano nei giovani nuove modalità nel vestire, nuovi colori. Quest’anno va di moda il giallo paglierino, e dopo un mese ti ritrovi le strade assaltate da sciami indistinti di puntini gialli. Credono che seguire la moda li renda speciali, e invece si trovano a far parte di una lunghissima processione anonima.