“Mappatella beach”, ovvero, il limbo di spiaggia della Rotonda Diaz, preso d’assalto dai “villeggianti precari”: quelli per i quali tutto ciò che abbraccia l’ultimo sospiro delle onde del mare è spiaggia, quelli che non dispongono della possibilità economica necessaria per assicurarsi un posto al sole tra le attrezzate e gettonate strutture ricreative e balneari, quelli che non possono effettuare cospicui spostamenti e, pertanto, arrancano scogli o “residui di coste”, ovunque siano ubicate.
Ogni anno, la Rotonda Diaz è gremita di bagnanti e cultori del sole, capaci di accontentarsi del gramo relax offerto da quella timida ed appena accennata parvenza di spiaggia, noncuranti dei nuvoloni di caotica routine quotidiana che incombono sulla loro tintarella.
“Mappatella beach” non è una località balneare ufficialmente accreditata come tale, pertanto, non dispone di un bagnino né degli altri confort, accessori o imprescindibili, che garantiscono ed assicurano ai bagnanti ore di bonario ozio.
Quello che è accaduto ieri, tristemente, sottolinea come e quanto l’infausto destino sappia avvalersi delle soluzioni più agghiaccianti per sottolineare talune circostanze per lasciarci comprendere quanto vicina ed inaspettata possa essere la morte.
Un tredicenne di Afragola, uno dei tanti bagnanti che occupava la spiaggia della Rotonda Diaz, durante la giornata di ieri è, infatti, morto annegato.
Proprio lì, in quella fetta di spiaggia costeggiata dalla vita reale di noi tutti.
I fratelli, non vedendolo ritornare a riva hanno prontamente dato il via alle operazioni di ricerca, avvalendosi del microfono di una struttura allestita nei paraggi per una manifestazione.
Le ricerche, avviate per mare e per terra, cui hanno partecipato polizia e proprietari di imbarcazioni, hanno portato al ritrovamento del corpo a una decina di metri dalla battigia, in un punto dove l’acqua è profonda non più di un metro.
Il ragazzo, probabilmente, sarebbe deceduto in seguito ad un malore, sembra, infatti, che poco prima di immergersi in acqua, avesse mangiato un panino ripieno di frittata di maccheroni.
Inoltre, l’adolescente, non sapeva nuotare, quindi, quel metro d’acqua nel quale è rimasto imbrigliato, si è rivelato sufficiente ad annegargli la vita.
Tuttavia, sarà l’autopsia a stabilire con assoluta certezza le cause della morte e a scagionare qualsivoglia tipo e forma di dubbio.
Ciò che desta sbigottimento e incredulità è che in quel labile agglomerato di granelli di sabbia contornato da caos metropolitano, attività commerciali e un’incessante processione di turisti, un ragazzino possa morire così, senza che nessuno se ne accorga, senza poter beneficiare delle manovre di primo soccorso che, in tanti casi, si rivelano indispensabili per salvare una vita umana.
Perché, anche se “Mappatella Beach” non è una località balneare ufficialmente accredita come tale, ufficiosamente è noto a tutti che venga presa d’assalto dai cittadini meno abbienti.
Con il senno di poi è più facile concluderlo, questo è assodato, ma altresì imprescindibile: in virtù di quanto accaduto, è necessario e doveroso correre ai ripari.
O si vieta l’accesso ai bagnanti in quel limbo di spiaggia o gli vengono conferiti tutti i diritti che gli spettano, in primis la presenza di un bagnino.
L’aspetto più squallido della vicenda è rappresentato da “quella Napoli” che si affaccia sul Lungomare per assistere a quelle drammatiche e strazianti scene per fotografare il corpo inerme del ragazzo ed immortalare gli attimi di straziante dolore vissuti dai fratelli.
Di “quella Napoli” è sempre doveroso e lecito vergognarsi, sinceramente e profondamente.