“Quel cane si è accoppiato con il mio. Come ha osato!? Ora vado a dargli fuoco!”
Ecco follemente riassunto il tragico e riprovevole destino inciso nelle zampe di Spike, un cane prima massacrato e poi bruciato vivo da un cittadino napoletano, residente a Rione Traiano.
Già, proprio quel cane che, da sempre, viene etichettato come il migliore amico dell’uomo.
Adesso, perfino a lui, tocca guardarsi la coda, dalla ferina brutalità che la mente umana è in grado di sviscerare, allorquando è in preda ad un escalation di delirio e randagia violenza.
Non dovrebbe far specie, perché di notizie che narrano di omicidi di uomini che impugnano armi per strappare via la vita ad altri uomini, ce ne piovono addosso, ogni giorno, a bizzeffe.
Eppur non è così.
È triste e raccapricciante apprendere che un uomo possa riversare la sua autorevole e becera forza contro un animale incapace di difendersi, inscenando una lotta ad armi impari nell’ambito della quale è troppo facile e troppo squallido avere la meglio.
Tant’è vero che i cittadini hanno voluto esternare tutta la loro sprezzante indignazione ed esasperazione per il tragico accaduto e sono scesi in piazza, a Pozzuoli, per inscenare una manifestazione in memoria di Spike.
Segnale eloquente e palpabile di un parossismo acuto e vibrante.
La coscienza sociale si attiva per scuotere quella civica e civile, quella che dovrebbe educare e rieducare le menti in cui scarseggiano i valori sani e che sanno rendersi autori di gesti tanto inconsulti quanto scellerati.
Tuttavia, nessuna punizione è stata inferta al protagonista di questa storia oscena.
Perché “gli animali non meritano giustizia”.
Però, “verso certi animali, la giustizia dovrebbe palesare tutta la sua indomita ed impietosa valenza”.