Per capire un figlio di Napoli, si deve disporre di visceri e cuore irrorate dalla sua stessa linfa, alimentati dai medesimi precetti, ideologie, principi e valori, ma soprattutto sentimenti.
Il sopracitato preambolo introduce “il caso”, quello che tiene banco da ieri sera e San Gennaro solo sa per quanto tempo ancora sarà destinato a protrarsi.
Per chi non avesse avuto modo di assistere alla consueta festa di presentazione della squadra del Napoli, tenutasi, appunto, ieri sera, a Dimaro, con tanto di diretta tv, è opportuno precisare che “il caso” in questione è nato lì: allorquando il conduttore della serata ha invitato Lorenzo Insigne al centro del palco per scambiare qualche battuta, con l’intento di coinvolgerlo per “fare spettacolo” e, di tutta risposta, lo scugnizzo di Frattamaggiore ha scaraventato quell’assist in tribuna, rifiutandosi di parlare e riconsegnando il microfono.
Vista e detta così, appare la scellerata e scriteriata reazione dell’ennesimo “calciatore viziato” che sa rendersi autore di gesti fuori dagli schemi, un atto di irrispettosa scelleratezza che ha scatenato perfino i fischi da parte dei tifosi presenti.
E, invece, proprio perché è il sopracitato preambolo ad introdurre il dibattito, è opportuno dire realmente come stanno le cose.
Un mese fa, esattamente un mese fa, Lorenzo era seduto accanto a mamma Antonella, lì a due passi dalla tomba in cui giace il corpo inerme di Ciro Esposito e nei cuori in cui batte il medesimo codice d’onore custodito in quello del calciatore partenopeo è ancora ben impresso il volto di Lorenzo e quello sguardo provato, fortemente provato e commosso, come se stesse piangendo la scomparsa di un parente.
Un’immagine che, un mese fa, ha riscosso consensi e suscitato forti suggestioni, in tutti.
Eppure, la maggior parte degli spettatori e dei commentatori dell’accaduto di ieri sera, palesa una memoria alquanto corta ed approssimativa, se non riesce a legittimare e comprendere il comportamento del calciatore.
Appare inequivocabilmente chiaro dalle immagini ed, ancora di più, da quegli stessi occhi, che Insigne non aveva voglia di far festa, perché, per Napoli, e quindi anche per lui, quello di ieri, era un ulteriore giorno di commemorazione.
Un gesto, quello del calciatore azzurro, che evidenzia la disgustosa ipocrisia di chi impartisce gli ordini dalla cabina di regia e sentenzia, o meglio, avrebbe voluto sentenziare che “lo spettacolo deve continuare”.
E i tifosi, o meglio, quelli che si decantano tali, gli stessi che hanno riempito i social network con messaggi strappalacrime, prima di sostegno e poi di cordoglio per lo sciagurato tifoso del Napoli, morto tragicamente per amore del Napoli, dovrebbero, anzi, devono vergognarsi.
Perché, ieri, domani, sempre, tutte le volte che il nome di Ciro riecheggerà nell’aria, non si può permettere alla frivolezza di prendere il sopravvento.
Tutti sono bravi ad attirare consensi con la complicità di parole artefatte e gonfiate dai buoni propositi, ma sono sempre e solo i fatti a dimostrare la concreta e reale essenza delle cose, delle intenzioni e dei sentimenti.
E ieri, quei tifosi, hanno clamorosamente perso.
Ieri sera ha vinto Insigne, palesemente stizzito dalle frasi, inequivocabilmente provocatorie, rivoltegli dal presentatore e, forse, ancor di più, da quella forzatura insita nel doversi proiettare in una situazione altamente in distonia con il suo stato d’animo.
“Lo spettacolo deve continuare”, su questo siamo d’accordo.
A patto che sia uno spettacolo apprezzabile e non un opinabile “festival del cattivo gusto”.
Quantomeno questo è quanto esigono quelli come Insigne e, con lui e come lui, i figli di questa terra fatti della sua stessa pasta.
Diciamocela tutta: ieri, proprio ieri, sarebbe risultato più opportuno e sensato che per tutta Napoli, sia per quella adagiata tra le braccia di Parthenope che per quella temporaneamente traslocata in Val di Sole, fosse solo un giorno di silenzio.
E per non appesantire il carico gettando altra benzina sul fuoco è bene emulare il gesto di Insigne, al cospetto dell’infelicissima e triste battuta del conduttore, Nicola Lombardo: “Se vuoi, puoi parlare in napoletano così ti senti più a tuo agio.”
E la massa si chiede anche perché Lorenzo abbia preferito riversargli addosso una tanica di silenzio.