Calcinacci e cornicioni piovono quasi quotidianamente sulle teste dei napoletani. Ma da un punto di vista più strutturale il vero problema è un altro.
Non sembra avere fine l’emergenza crolli nella città di Napoli. Da Via Torino al Corso Garibaldi, da Vicoletto Donnaregina alla storica e suggestiva Via San Gregorio Armeno, le chiamate ai vigili del fuoco si fanno ogni giorno più frequenti. Inutile puntare il dito contro qualcuno: si correrebbe il rischio di perdersi nei meandri delle responsabilità politiche e istituzionali che nessuno intende assumersi. Inutile creare allarmismi tra la gente che del resto sembra sempre più disillusa rispetto al futuro prossimo della propria quotidiana esistenza. Ma è d’uopo una breve e più generale riflessione sulla condizione attuale della nostra città. I più giovani – e i più avveduti – sanno bene che lo stato di emergenza – economico, politico, sociale in senso lato – in cui il Comune si trova a vivere negli ultimi anni non si è presentato da un momento all’altro senza preavvisi di sorta. La cattiva gestione della cosa pubblica è stata purtroppo il motivo ricorrente non soltanto delle ultime amministrazioni, ma della storia anche meno recente della città di Napoli. Dagli anni della speculazione edilizia ben ripercorsi da Francesco Rosi nel film “Le mani sulla città” al sacco criminale odierno nella Gomorra postmoderna tratteggiata con realismo a tratti surreale da Roberto Saviano, è possibile rilevare un elemento di forte continuità: il malgoverno. Ma, si faccia attenzione, il malgoverno in questione non deve subito spingerci a pensare a fenomeni eclatanti: al problema dei rifiuti, all’annoso handicap della mancanza di lavoro (e di infrastrutture adeguate per un rilancio in grande stile del turismo), alla dilagante micro e macro-criminalità e tanto, troppo altro. Il malgoverno ha caratterizzato e caratterizza anche questioni in apparenza più semplici da risolvere: manutenzione stradale, messa in sicurezza di immobili vetusti che dovrebbero rappresentare il fiore all’occhiello di Napoli e invece diventano sempre più fatiscenti, gestione dei piccoli e grandi eventi sportivi che potrebbero dare lustro alla città (vedere alla voce “Stadio San Paolo”). La classe politica sembra sorda agli interrogativi riguardanti tutto ciò; è troppo impegnata in faide intestine per il controllo dei vari partiti e l’esercizio del potere a livello regionale. Lo scollamento tra società civile e istituzioni è diventato ormai cronico. Certo, sembra quasi che siamo sul punto di collassare; che dipingere la città a tinte così forti sia il tipico esercizio giornalistico e moralistico improntato ad un paralizzante vittimismo. Ma la realtà in cui siamo immersi è forse anche più inquietante di quella che si può descrivere seduti al computer o con una penna in mano. Portare alla luce tutte le nostre mancanze è il primo passo sulla strada di una riabilitazione della città di Napoli a livello mondiale. Riabilitazione che potrà esserci solo con una nuova classe dirigente, preparata culturalmente, in grado di non far colare a picco questa nave che imbarca acqua da troppo tempo.