Una decina di parcheggiatori abusivi si è incatenata stamattina all’ingresso del Pronto soccorso del Cardarelli per protestare contro i controlli della Polizia Municipale, che da tre settimane gli impediscono di “svolgere correttamente il proprio lavoro”.
Gli agenti dell’Unità Vomero-Arenella bloccano, infatti, il parcheggio al di fuori degli stalli consentiti, rendendo impossibile l’attività degli abusivi: 120 i verbali elevati, con segnalazione al Questore.
Si, proprio loro, quelli di “Dottò, una cosa a piacere!” o “Qua non state bene, parcheggiate qua, me lo vedo io!” Proprio loro, quelli che hanno conquistato di forza un diritto di prelazione inesistente e da sempre rivendicano un possesso improprio di quelle labili fette della città in cui è possibile parcheggiare senza alleggerire il portafoglio, esercitando una professione fantomatica, irreale, insussistente.
In virtù di ciò, la loro è una protesta fondata sul nulla: nessun diritto, nessun emendamento al quale appellarsi, nessun sopruso, nessun abuso.
È solo giunto il momento che la legge sta iniziando ad agire “da legge”, attuando le sanzioni previste ai danni di chi si arroga una facoltà di licenza fondata sul raggiro, l’imposizione e talvolta sulla vera e propria estorsione.
È giunto il momento che nell’ideologia comune e non solo, si superi quel gretto ed intollerabile principio del “Lasciamoli fare, perché se stanno “miez’ a via” la criminalità aumenta”, perché, di per se, l’abusivismo, in tutte le sue forme e versioni è già un’espressione della stessa criminalità.
La verità è che è molto più semplice fare il parcheggiatore abusivo, piuttosto che rimboccarsi le maniche e mettersi alla ricerca di un lavoro umile e lecito: massimo risultato, minimo sforzo, questo è ciò che fa gola, perché si tratta di un “posto di lavoro” che non implica lo svolgimento di nessuna mansione, ma che impone, quali requisiti imprescindibili per affermarsi “leader nel settore” una bella faccia tosta, supportata da modi di fare convincenti.
Una protesta inverosimile, quella inscenata dai rappresentanti della suddetta categoria inesistente, che deve annegare nell’indifferenza collettiva, perché è opportuno riconoscere il diritto al lavoro a chi lo esercita, lo percepisce e lo rivendica in maniera socialmente utile e non deleteria.