Fallita la proposta egiziana di un cessate il fuoco tra Israele e Palestina, l’assurdo numero di morti altrettanto assurde, cresce in maniera incessante ed esponenziale. Il bilancio delle vittime, continua a gremirsi, non solo di guerriglieri, ma di tanti “nomi comuni”, di civili e bambini.
Corpi ingurgitati dalle cruente fauci della morte, avvolti in un raccapricciante lenzuolo d’indifferenza.
Troppo lontani, troppo distanti, idealmente e non solo, quelle popolazioni, quelle battaglie, dalle nostre vite, unte di olio abbronzante ed effimera routine.
Non ne sappiamo abbastanza per metterci il becco, non vale la pena di tendere la mano al cospetto di quella desolante disperazione, perché collochiamo quei corpi in una dimensione troppo distante e distaccata dalla nostra per ipotizzare che possano essere in grado di afferrarla.
Sviluppare quella scorza di cinico menefreghismo è l’escamotage più longevo ed efficace che l’indole umana ha maturato, nel corso dei secoli, per ripulire la coscienza da eventuali concorsi di colpa ed omissioni di soccorso, materiale, morale, ideologico, concreto o morale.
Una forma mentis dalle dimensioni micro e macroscopiche, perché parte dal cuore o dal cervello dei “cittadini semplici” ed irradia la condotta – o non condotta – della politica nazionale ed internazionale, delle cosiddette organizzazioni umanitarie e degli enti, il cui dovere ed obbligo, morale e non solo, sarebbe quello di tutelare i diritti umani, non scaglionando “esseri umani di serie A e di serie B”, ma riconoscendo “il diritto di avere dei diritti” a tutti i corpi muniti di ideali, organi, respiri, emozioni, dignità, sentimenti, sogni.
“Essere umano”: un concetto tanto semplice quanto paritario che fa ancora fatica ad affermare la sua imprescindibile valenza nel 2014.
Già, perché, ad Israele accade anche che, le ambulanze siano distrutte o impossibilitate a raggiungere i civili feriti, che restano perciò nelle case o in strada senza la possibilità di essere soccorsi.
Dovrebbe essere “la guerra di tutti”, o almeno, di coloro in cui regna uno spiccato senso d’appartenenza al genere umano.
Invece è “la guerra di nessuno” che sottolinea quanto e sempre meno “umano” sia l’agglomerato di ossa e muscoli che governa le sorti del mondo.