La mattina del 25 ottobre del 2024 una tragedia ha sconvolto la città di Piacenza: la tredicenne Aurora Tila è precipitata dal balcone di una palazzina dove abitava con la madre e la sorella. Le prime ricostruzioni indicano che quella mattina, prima di andare a scuola, era sul terrazzo insieme al suo fidanzatino dell’epoca, un ragazzo di 15 anni. Inizialmente l’accaduto era stato registrato come una caduta accidentale; tuttavia l’evoluzione delle indagini ha portato a un fermo nei confronti del 15enne con l’accusa di omicidio volontario.
Il caso ha preso una svolta decisiva quando un “super-testimone” ha riferito di aver visto il ragazzo spingere Aurora oltre la ringhiera del balcone e colpirla alle mani mentre la giovane, aggrappata alla ringhiera stessa nel tentativo disperato di non cadere, veniva ripetutamente colpita. Le lesioni riscontrate sul corpo di Aurora – in particolare segni sulle mani compatibili con il fatto che fosse stata colpita mentre cercava di salvarsi – hanno rafforzato la tesi degli investigatori che la morte non sia stata accidentale né attribuibile a un gesto volontario della vittima.
L’omicidio volontario della ragazza, l’uso di un cacciavite di circa 15 cm che era in suo possesso, e il grave comportamento di omissione di soccorso dopo l’accaduto, le accuse che pendono sul minore. Secondo le testimonianze, lui non avrebbe tratto immediatamente in salvo Aurora né allertato i soccorsi tempestivamente.
Dalla macchina investigativa emergono ulteriori elementi: Aurora aveva chiesto aiuto, confidandosi con la sorella maggiore e utilizzando anche ChatGPT per chiedere se fosse “in un amore tossico” e se “dovesse lasciarlo”. Messaggi inquietanti del ragazzo al telefono della vittima mostrerebbero un atteggiamento di controllo e minaccia (“Il mio piano di vendetta inizia da ora…”) che rafforzano l’ipotesi di una relazione ossessiva e violenta.
Per minore che si è sempre dichiarato innocente, è arrivata oggi, lunedì 3 novembre, è arrivata oggi la condanna in primo grado a 17 anni per omicidio volontario pluriaggravato – dallo stalking, minore età della vittima e legame affettivo – al termine del processo in abbreviato.
Il tribunale ha accolto quindi la ricostruzione del pm, secondo cui il ragazzino avrebbe spinto Aurora dal balcone, colpendola alle mani con le ginocchia per farla cadere I difensori dell’imputato, invece, hanno sostenuto la tesi dell’incidente o di un gesto volontario. Ma secondo il consulente della Procura per i minorenni, la morte della 13enne era incompatibile con un suicidio. Dalle carte dell’accusa è emerso anche come Aurora, nelle settimane precedenti alla sua morte, volesse interrompere la storia con quel ragazzino, che invece ha continuato a perseguitarla, fino a chiederle un ultimo appuntamento.
Durante il processo c’è stato anche un colpo di scena, quando il Tribunale ha ammesso la testimonianza, raccolta dalla Procura, di un ex compagno di cella dell’imputato, al quale quest’ultimo avrebbe confessato di aver buttato giù la 13enne dal balcone. Il testimone ha raccontato che l’imputato gli avrebbe rivelato di essere stato lui a far precipitare Aurora, mentre lei, aggrappata alla ringhiera, e alla vita, gli diceva: “Ti amo, non puoi farmi questo”.
 
 










