Il 3 novembre 1999, a Sant’Angelo Muxaro, in provincia di Agrigento, venne assassinato Vincenzo Vaccaro Notte, imprenditore locale che aveva aperto, insieme al fratello Salvatore Vaccaro Notte, un’agenzia di pompe funebri nel paese.
I due fratelli, dopo aver lavorato in Germania come pizzaioli ed essersi accreditati, decisero di tornare in Sicilia e investire in un’attività imprenditoriale propria.
Aprendo l’impresa di onoranze funebri, entrarono in concorrenza con un’agenzia già esistente e ritenuta vicina alla cosca mafiosa locale della zona di Sant’Angelo Muxaro—la cosiddetta “Cosca dei Pidocchi”.
La scelta imprenditoriale fu interpretata come un rifiuto di accettare condizionamenti mafiosi: secondo le ricostruzioni, Vincenzo avrebbe ricevuto minacce e richieste per “accordarsi”.
Proprio per questo motivo, lo stesso giorno venne freddato con tre colpi di pistola calibro 38 a distanza ravvicinata.
Dopo la morte di Vincenzo, il fratello Salvatore non desistette. Continuò l’attività di pompe funebri e intraprese anche una propria indagine interna per cercare di scoprire gli autori dell’omicidio.
Tuttavia, pochi mesi dopo, il 5 febbraio 2000, Salvatore stesso fu assassinato con un colpo di lupara alla testa, sempre a Sant’Angelo Muxaro.
Le indagini successive (tra cui l’operazione “Sikania”) portarono all’arresto di diversi esponenti mafiosi, all’emersione di traffici di armi e droga, ed infine al coinvolgimento di un terzo fratello, Angelo Vaccaro Notte, che collaborò con la giustizia come testimone.
La vicenda dei fratelli Vaccaro Notte è emblematica: imprenditori innocenti che hanno scelto di non piegarsi alla mafia, pagando con la vita la loro libertà d’impresa e il rifiuto di collaborare con il sistema criminale che già deteneva il controllo degli affari locali.
Il loro assassinio ricorda che l’impresa libera può diventare un atto di coraggio anche nell’economia sommersa della mafia: non solo per chi denuncia ma anche per chi semplicemente cerca di lavorare in modo onesto.
Ricordare Vincenzo Vaccaro Notte equivale a non dimenticare che dietro molti delitti mafiosi c’è la volontà di rompere logiche predatorie, conquistare autonomia, far valere la legalità economica. Rendere memoria significa dare forza all’idea che l’impresa non è un crimine, che la concorrenza onesta non è un passo falso e che il diritto a lavorare senza mafia non è un privilegio ma un diritto.











