Il 2 novembre il mondo celebra la Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti, istituita dalle Nazioni Unite nel 2013 dopo l’assassinio di due reporter francesi in Mali.
Una ricorrenza che non è solo simbolica: secondo l’UNESCO, dal 2006 a oggi oltre 1.700 giornalisti sono stati uccisi e in quasi 9 casi su 10 i colpevoli non sono mai stati puniti. Un fenomeno che mina la libertà di stampa e, con essa, la qualità stessa della democrazia.
Il tema 2025: violenze digitali e di genere contro le giornaliste
Per l’edizione 2025, l’ONU e l’UNESCO hanno scelto il tema “Chat GBV: Raising Awareness on AI-facilitated Gender-Based Violence against Women Journalists”, focalizzando l’attenzione sulle violenze di genere che colpiscono le donne giornaliste, spesso amplificate dalle tecnologie digitali e dall’intelligenza artificiale.
Molestie online, campagne di odio, deepfake e doxxing sono strumenti usati sempre più spesso per zittire chi denuncia abusi di potere o criminalità. L’obiettivo della giornata è sensibilizzare governi e piattaforme digitali a garantire protezione e responsabilità.
La situazione in Italia: dati allarmanti
Sebbene l’Italia non sia teatro di guerre o crisi interne, i numeri mostrano che anche qui la libertà di stampa è sotto pressione.
Secondo l’Osservatorio “Ossigeno per l’Informazione”:
Nel 2024 si sono registrati 516 casi di minacce e intimidazioni a giornalisti, blogger e operatori dell’informazione.
Dal 2006 a oggi i casi documentati salgono a oltre 7.500.
Nei primi sei mesi del 2025 si contano 361 casi, contro i 203 dello stesso periodo del 2024: un aumento del 78%.
Nel primo trimestre 2025, le segnalazioni sono state 42, con un incremento del 61,5% rispetto all’anno precedente.
Le forme di minaccia più diffuse sono insulti e aggressioni sui social (circa il 75%), seguite da querele temerarie e azioni legali pretestuose (SLAPP), che rappresentano circa il 22% del totale.
Un dato preoccupante riguarda le donne giornaliste: costituiscono il 26% dei cronisti minacciati e, in oltre un terzo dei casi, subiscono insulti sessisti o minacce di genere.
Chi minaccia i giornalisti
Non solo criminalità organizzata: in Italia le minacce provengono anche da soggetti insospettabili.
Secondo Ossigeno, nel 2025:
- il 39% delle intimidazioni è riconducibile a esponenti o funzionari pubblici;
- il 15% proviene dall’ambiente sociale o politico locale;
- il 13% ha legami diretti con la criminalità organizzata.
Un fenomeno trasversale che, secondo la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), “mette a rischio il diritto dei cittadini a essere informati e riduce il pluralismo”.
Casi emblematici
Tra i casi più gravi del 2025, quello che ha suscitato maggiore indignazione è l’attentato contro Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di Report, la cui auto è stata distrutta da un ordigno il 17 ottobre.
Un gesto definito dalla FNSI “un attacco diretto alla libertà di informazione”.
In Italia sono oltre 250 i giornalisti sotto vigilanza, di cui 22 sotto scorta per minacce gravi, spesso provenienti dalla criminalità organizzata o da ambienti estremisti.
L’impunità come nemico invisibile
Come ricorda l’UNESCO, l’impunità è il vero carburante di queste violenze. Ogni aggressione non punita alimenta la paura e l’autocensura.
In molti casi, le denunce finiscono archiviate o si trascinano per anni, senza mai arrivare a un processo.
Per questo l’ONU chiede ai governi di rafforzare le indagini, la protezione dei giornalisti e la trasparenza dei procedimenti giudiziari.
La Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti ricorda a tutti che ogni attacco a un giornalista è un attacco al diritto di sapere.
Difendere chi informa significa difendere la verità, la giustizia e la libertà di tutti.











