Si chiamava Aniello Scarpati, aveva 47 anni e da oltre vent’anni indossava con orgoglio la divisa della Polizia di Stato. Un uomo silenzioso, riservato, ma con un profondo senso del dovere, conosciuto e stimato da colleghi e cittadini per la sua disponibilità e umanità.
Originario di Portici, viveva con la moglie e i tre figli, a cui era legatissimo. Ogni giorno partiva da casa per raggiungere il commissariato di Torre del Greco, dove prestava servizio come assistente capo coordinatore. Era un volto familiare per molti in città: sempre presente nelle operazioni di controllo del territorio, negli interventi di sicurezza e nelle attività di prevenzione.
Chi lo conosceva racconta di un uomo che non amava mettersi in mostra, ma che sapeva farsi apprezzare per la calma e la professionalità con cui affrontava anche le situazioni più difficili. Era di quelli che “ci sono sempre”, senza bisogno di dirlo. I colleghi lo descrivono come una persona semplice, diretta, pronta a dare una mano, capace di alleggerire anche i turni più lunghi con una battuta o con il suo sorriso discreto.
Nel suo lavoro aveva visto tanto — l’emergenza, la tensione, la paura — ma non aveva mai smesso di credere nel valore del servizio pubblico. Per lui la divisa non era un mestiere, era una scelta di vita: servire lo Stato significava prendersi cura della propria comunità, proteggere chi non può difendersi.
La notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, quel dovere lo ha portato ancora una volta in strada, su viale Europa, insieme al collega di pattuglia. Non poteva immaginare che sarebbe stato il suo ultimo turno. Un Suv fuori controllo ha distrutto in pochi secondi ciò che Aniello aveva costruito in una vita intera.
Oggi, nella sua Portici e a Torre del Greco, c’è silenzio e incredulità. Le sirene che ogni giorno rappresentavano il suo lavoro sono diventate il suono del lutto di un’intera comunità. Le bandiere del commissariato sventolano a mezz’asta, e sui social si moltiplicano i messaggi di cordoglio di colleghi, amici e cittadini.
Aniello Scarpati lascia una famiglia distrutta dal dolore, ma anche un’eredità morale fatta di dedizione, umiltà e coraggio. La sua storia ricorda che dietro ogni uniforme c’è una persona, con la propria vita, i propri affetti e la stessa fragilità di chiunque altro.
E che, anche quando non fa rumore, il coraggio di chi serve lo Stato continua a essere il filo invisibile che tiene insieme la nostra sicurezza.










