Ci sono scene che restano nella memoria collettiva più di interi film. Una di queste è senza dubbio l’incontro tra James Senese e Lello Arena nel film “No, grazie, il caffè mi rende nervoso” (1982), diretto da Lodovico Gasparini e scritto da Massimo Troisi e Michele Russo.
Una pellicola surreale, ironica e profondamente napoletana, che mescola comicità, denuncia sociale e atmosfere noir in un racconto unico nel suo genere.
Una Napoli teatrale e inquieta
Il film, ambientato durante l’immaginario “Festival della Nuova Napoli”, è una satira pungente sull’industria culturale e sulla trasformazione della città. Lello Arena interpreta Sorrentino, un giornalista ingenuo e un po’ nevrotico che si ritrova, suo malgrado, coinvolto in un misterioso intrigo. In questa cornice sospesa tra grottesco e realismo, entra in scena James Senese, nel ruolo di sé stesso — o meglio, nel ruolo di un musicista che è la personificazione del suono, del sangue e della verità di Napoli.
La scena cult: l’anima nera di una città
La scena tra Lello Arena e James Senese è uno dei momenti più iconici del film. I due si incontrano in un locale, in un’atmosfera carica di tensione e simbolismo. Arena, con la sua ironia nervosa, cerca di dialogare, mentre Senese risponde con poche parole e con la forza magnetica del suo sguardo e del suo sassofono.
Poi, inizia a suonare.
Quel suono — profondo, ruvido, autentico — taglia l’aria e diventa linguaggio universale. È come se Senese non interpretasse un personaggio, ma sé stesso: l’artista che porta dentro di sé il dolore e la poesia della città. Il suo sax non accompagna la scena, la domina. È la voce della Napoli vera, quella che non ha bisogno di parole per raccontarsi.
James Senese, la verità nel suono
In quella sequenza c’è tutto: la teatralità di Lello Arena, l’intensità quasi mistica di James Senese, la capacità del cinema napoletano di trasformare un momento semplice in una metafora potente.
Il contrasto tra i due — l’ironia nervosa di Arena e la calma profonda di Senese — è perfetto: rappresenta due anime complementari della città. Una che parla, l’altra che ascolta e risponde con la musica.
Per molti spettatori, quella scena è diventata un manifesto del rapporto tra arte e verità, tra leggerezza e denuncia.
James Senese, con la sua sola presenza, restituisce a Napoli la sua voce più autentica: quella del popolo, delle periferie, di chi non si arrende mai.
Un frammento di storia del cinema napoletano
Oggi, a più di quarant’anni dall’uscita del film, la scena tra Lello Arena e James Senese è considerata un momento cult del cinema italiano.
Non solo per il valore artistico, ma perché racchiude l’essenza di una stagione irripetibile in cui Napoli era centro pulsante di creatività, sperimentazione e umanità.
Era la Napoli di Massimo Troisi, dei Napoli Centrale, di un cinema che sapeva essere popolare e poetico insieme.
Un’epoca in cui le risate e la musica servivano a raccontare le ferite, ma anche la straordinaria vitalità di una città che, come diceva lo stesso Senese, “non muore mai, si trasforma in suono.”










