Lo scorso 7 ottobre, il procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, ha fatto il suo ritorno in aula nel processo contro il clan camorristico Moccia, indossando la toga e affiancando i suoi sostituti. Questo gesto simbolico ha suscitato un acceso dibattito, evidenziando le sfide e le polemiche legate alla giustizia penale nel contesto napoletano.
Gratteri, noto per la sua lotta contro la criminalità organizzata, ha deciso di partecipare personalmente al dibattimento, sottolineando l’importanza del caso. Il processo riguarda oltre 40 imputati accusati di associazione mafiosa, estorsioni e altri crimini. La decisione di Gratteri di tornare in aula è stata interpretata come un segnale di impegno diretto nella lotta alla camorra.
Polemiche sull’accelerazione del processo
Il processo ha suscitato polemiche a causa dell’accelerazione impressa al calendario delle udienze, con la fissazione di 3-4 udienze a settimana e l’escussione di fino a 30 testimoni al giorno. La Camera Penale di Napoli ha sollevato preoccupazioni riguardo alla possibile violazione del diritto di difesa, annunciando astensioni dalle udienze dal 14 al 17 ottobre. Gratteri ha difeso l’accelerazione, affermando che “quattro udienze a settimana non ledono i diritti” e sottolineando la necessità di udienze più lunghe e frequenti per garantire una giustizia efficiente.
A luglio, per decorrenza dei termini, sono stati scarcerati 15 presunti membri di spicco del clan Moccia. Questa decisione ha sollevato ulteriori polemiche, con critiche riguardo alla durata del processo e alla gestione delle udienze. Gratteri ha chiesto una relazione dettagliata al pool di magistrati coinvolti, evidenziando la necessità di una revisione delle strategie processuali.











