Una vicenda paradossale quella che ha scosso Caerano di San Marco, comune in provincia di Treviso: la vittima di un furto di bicicletta elettrica si ritrova nella posizione di potenziale imputato, dopo aver pubblicato il video rubato sui social.
Cristian si accorge che la sua e-bike, una Lancia Genio del valore di oltre 1.500 €, è sparita dal cortile di casa nel primo pomeriggio, intorno alle 16:02, mentre la famiglia era presente in casa. Il furto era stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza.
Dopo aver denunciato il fatto ai carabinieri di Montebelluna, Cristian pubblica sul web il filmato ed è pronto a fornire dettagli quali il tatuaggio sul polso sinistro e la presenza del sospetto in un bar, chiedendo aiuto al pubblico per identificarlo. Il video diventa virale. Tra condivisioni e commenti, arriva agli occhi del ladro stesso, che decide di affrontare il proprietario, ammettendo il furto ma affermando di aver abbandonato la bici. Tuttavia, la e-bike non viene più ritrovata.
A quel punto, il ladro — e secondo alcune fonti anche la sua famiglia — inizia a chiedere la rimozione di dettagli personali (come il cognome) e minaccia una querela per diffamazione contro chi continua a condividere il video
Il caso è ora nelle mani della Procura di Treviso, che dovrà valutare sia il reato di furto sia le potenziali violazioni collegate alla pubblicazione dei dati personali senza adeguate autorizzazioni.
Cristian difende la sua scelta: “È venuto a casa mia e ha spaventato la mia famiglia. E la bici non l’ho più rivista” .
Da un lato, chi subisce un reato può sentirsi legittimato a cercare giustizia anche tramite i social, specialmente quando pensa di aver prove e desidera il sostegno della comunità. Dall’altro lato, la diffusione pubblica dell’immagine del sospetto — prima che venga identificato formalmente da un’autorità — può violare il diritto alla privacy e potenzialmente configurare diffamazione, in particolar modo se l’accusa non è ancora provata.