Un detenuto di 53 anni, alla sua prima esperienza carceraria e in carcere da appena quattro giorni, si è tolto la vita il giorno di Ferragosto all’interno dell’istituto penitenziario di Benevento, recidendosi la giugulare.
Le modalità del suicidio restano avvolte dal riserbo: la magistratura ha aperto un’inchiesta per chiarire con precisione la dinamica del gesto auto-inferto.
Dal 2025, questo è il quinto suicidio registrato nelle carceri campane. A questo si aggiunge il caso di un detenuto deceduto nella REMS di San Nicola Baronia (Avellino), mentre altri episodi tragici si sono verificati in diverse strutture italiane.
Samuele Ciambriello, Garante regionale della Campania, ha definito ogni suicidio in carcere come “una sconfitta per la giustizia e per la politica”. Ha denunciato la “macabra contabilità dei morti in carcere e di carcere”, minimizzata dal Governo, che rischia di trasformarsi in una “strage di Stato”. Il garante invoca “un sussulto della società civile” e accusa la politica penitenziaria di essere efficace solo nella retorica, ma fallimentare nei fatti.
I sindacati di Polizia Penitenziaria, in particolare Osapp, hanno osservato come nel periodo estivo — quando gli uffici statali si svuotano — l’agonia dentro le carceri non conosca sosta. “Per il ministero della Giustizia sembra essere diventato naturale morire in cella”, ha dichiarato Leo Beneduci. Ha denunciato le carenze strutturali e umane: sovraffollamento, scarsità di assistenza clinica, carenza di personale e isolamento, tutti fattori che aggravano il rischio di tragedie simulate o realizzate.
Radicali Italiani, tramite Filippo Blengino e Bruno Gambardella, specularmente sollecitano misure alternative alla detenzione, ritenendo il carcere una soluzione inadeguata che alimenta solo criticità e fragilità sociali. Rivolgono appelli diretti a ministro Nordio e presidente Meloni: “Quanti morti ancora serviranno per garantire giustizia invece che celebrare vendetta?” .