Dopo giorni interminabili di speranza, silenzi rotti solo da carezze e lacrime, si è spenta la vita del giovane Enzo Bertagnoli, 15 anni. A svelarlo è stato il padre, l’ex portiere della Roma Julio Sergio, con un laconico ma doloroso annuncio su Instagram: Enzo era entrato in coma irreversibile a causa di un medulloblastoma diagnosticato nel 2020 e, poche ore dopo, la famiglia ha ricevuto la notizia più dura.
Il dramma del ragazzo era iniziato cinque anni fa: una battaglia lunga e dolorosa contro un tumore cerebrale maligno. Nel corso di questi anni, Julio Sergio aveva condiviso con sincerità ogni momento, arrivando anche a radersi i capelli insieme al figlio, per dargli forza e dignità durante le terapie.
La conferma definitiva è arrivata nella serata del 27 luglio: Enzo Bertagnoli è morto, stremato da una malattia che aveva limitato i suoi sorrisi e lentamente silenziato ogni parola.
Il medulloblastoma, che aveva attaccato il cervelletto di Enzo, è una forma rara e aggressiva di tumore infantile. Nel suo caso, nonostante gli sforzi della famiglia e del personale medico, la malattia si è rivelata irreversibile. Nei giorni precedenti il decesso, i medici avevano comunicato che “non provava dolore, era in pace e circondato dai suoi cari” stabilendo che il coma era ormai indotto e inesorabile.
Fino all’ultimo istante, Enzo è rimasto avvolto nelle braccia del padre, della madre e della sorellina, un abbraccio che ha parlato più forte delle parole. Un dolore immenso ma anche una testimonianza di amore che trascende la vita e si fa memoria eterna.
Il mondo del calcio – che aveva seguito Julio Sergio nei suoi anni da portiere e ultimamente sui social – non ha fatto mancare il sostegno: messaggi di affetto, ricordi e preghiere per la famiglia Bertagnoli si sono moltiplicati in poche ore.
Julio Sergio aveva scelto di rendere pubblica la sofferenza di Enzo, non per visibilità ma per solidarietà, per dare coraggio alle famiglie attraversate dalla stessa battaglia.
La morte di Enzo, così prematura e tanto attesa, segna una ferita profonda nella famiglia, nel calcio e in quanti avevano imparato a conoscerlo attraverso la sua battaglia e il suo sorriso. Il suo silenzio, adesso, parla di eternità.