Una famiglia che si ostina a voler restare sotto i riflettori e lo fa servendosi dei social network. Video, foto, contenuti accompagnati da emoticon, frasi ed espressioni eloquenti dalle quali trapela il prioritario ed ossessivo intento di lanciare messaggi espliciti a chi crede che sul cognome dei Sarno stiano scorrendo i titoli di coda.
Come se per decenni non avessero seminato morte e terrore, partendo dal rione De Gasperi di Ponticelli per conquistare il cuore della città di Napoli e l’entroterra vesuviano. Come se la dissoluzione del clan, scaturita dal valzer di pentimenti eccellenti, promossa dai fratelli Giuseppe, Ciro, Vincenzo, Pasquale, Luciano – fondatori dell’organizzazione – seguiti a ruota da alcuni fedelissimi, non avesse concorso a stravolgere gli equilibri camorristici, delineando degli scenari che tuttora sono in grado di condizionare il corso degli eventi. Come se il blitz che di recente ha condotto in carcere per l’ennesima volta i fratelli Sarno non avesse scritto una delle pagine più imbarazzanti della storia del nostro Paese, maturata per effetto delle gesta di cui i fratelli “superstiti”, Vincenzo, Pasquale e Ciro Sarno si sono resi autori mentre erano sotto protezione, in veste di collaboratori di giustizia, in diverse città italiane. Firenze, Genova, Massa Carrara: da lì, mentre erano sotto l’ala protettrice dello Stato, hanno provato a riorganizzare il clan, praticando estorsioni e avviando business illeciti, facendo leva su un cognome che agli occhi dei campani trapiantati al nord era ancora in grado di incutere timore, evocando una delle stagioni più sanguinarie della storia camorristica napoletana.
Sono trascorsi all’incirca due mesi dall’ennesima uscita di scena dei fratelli Sarno, ma i reduci tornano a marcare la scena in maniera eclatante, servendosi dei social network.
Il figlio minore di Ciro Sarno detto ‘o sindaco condivide con i follower nelle stories di Instagram un video in cui mostra il golfo di Napoli e il Vesuvio, accompagnato dalla canzone “Again” di Pino Daniele. Nei frame successivi appare una panoramica della struttura in cui è in vacanza ad Ischia. Lo scorso 20 maggio, in manette, oltre a suo padre e agli zii Pasquale e Vincenzo, è finito anche suo fratello Antonio. Lui, invece, viene tirato in ballo come intermediario: secondo quanto emerge dalle indagini del Gico di Firenze, avrebbe ritirato dei soldi, proventi di estorsioni per consegnarli al padre. Nel mondo reale, dipendente di una nota compagnia di spedizioni, in quello virtuale avvezzo ad ostentare gli sfarzi di una vita agiata.
Ancora più significativa la scelta di tornare a Napoli e ostentare la sua presenza nella città che ha accolto le gesta criminali del clan fondato da suo padre. Un frame che va ben oltre la mera felicità di postare in rete scampoli di vacanze estive, proprio perché si colloca in uno scenario più ampio e complesso, ma soprattutto, inequivocabile.
Sulla stessa lunghezza d’onda Patrizia Ippolito, alias Patrizia ‘a patana, moglie di Vincenzo Sarno che in passato ha ereditato le redini del clan quando la barca iniziava a vacillare sotto i colpi dei primi pentimenti e con tutti i fratelli Sarno reclusi in carcere, la cosca tentò il tutto per tutto puntando sulla lady camorra, fiancheggiata dagli ultimi reduci del clan a piede libero. La moglie del boss Vincenzo Sarno è stata tra le protagoniste indiscusse della versione 2.0 del clan. A gennaio del 2018, insieme a suo cognato Giuseppe Sarno, fu protagonista di una diretta su facebook, mentre erano seduti al tavolino di un bar, nella località dove si trovavano sotto protezione. Una clamorosa violazione delle limitazioni imposte dal sistema di protezione a tutela dei collaboratori di giustizia e dei loro familiari che costò l’estromissione dal programma e il trasferimento in carcere per Giuseppe Sarno.
Secondo alcuni ex collaboratori di giustizia, lo scopo della diretta era quello di “sondare il terreno”, dunque, testare le reazioni degli interlocutori per iniziare a spinare la strada da percorrere per pianificare un ritorno imminente a Ponticelli e che quindi rappresenterebbe il primo, passo falso eclatante compiuto dai Sarno nel tentativo di rifondare il clan, anche in veste di collaboratori di giustizia.
Di recente, Patrizia Ippolito è riapparsa sui social network, pubblicando alcuni video che la ritraggono durante un viaggio in treno. Il primo, accompagnato dallo stralcio del testo di una canzone: “tengo l’anima pulita, cattiverie non ne so fare, sono sempre pronta a dare una mano a un amico in difficoltà, faccio l’arbitro della famiglia, cerco di non farli litigare, ma chi pensa di prendermi in giro ha capito male”. Un messaggio che sembra pienamente rispecchiare il clima di acredini e rancori che hanno animato i rapporti tra i fratelli Sarno nei mesi precedenti all’arresto. Una serie di contrasti scaturiti per ragioni di carattere economico, proprio come accadde nei primi anni 2000, prima che i boss optassero per la collaborazione con la giustizia. Una decisione principalmente scaturita dalla volontà di Vincenzo Sarno di stravolgere la politica avviata dal fratello Ciro quando, mentre quest’ultimo era recluso, ereditò la reggenza del clan, rompendo una serie di accordi, in primis quelli intercorsi con i De Luca Bossa e che portarono alla scissione, capeggiata da Antonio De Luca Bossa e alla successiva faida. I rapporti familiari e d’affari tra i fratelli si ruppero per dissidi economici. Uno scenario tornato ricorrente di recente e che ha concorso a inasprire le ruggini di quel passato che appare sempre più ricorrente. Un video che sembra voler annunciare lo status di potenziale mediatrice ricoperto dalla Ippolito, che pertanto potrebbe essere impegnata a sedare le dispute familiari per preservare l’equilibrio necessario per consentire alla famiglia Sarno di restare a galla e scongiurare la possibilità che gli ex boss di Ponticelli possano tornare a farsi la guerra.
Il secondo video, invece, è accompagnato da un frame audio: “sorriderò sempre, alla faccia di chi spera di vedere le mie lacrime.” Un messaggio che sembra perseguire lo stesso scopo della celeberrima diretta andata in scena su Facebook sette anni fa: rilanciare le quotazioni della famiglia e sminuire le conseguenze scaturite dai recenti arresti. Non è da escludere che suo marito Vincenzo sia destinato a trascorrere in carcere il resto dei suoi giorni, in quanto accusato di essere il mandante dell’omicidio di Gerardo Tubelli, avvenuto a Cercola, il 5 gennaio 1996. Le indagini hanno fornito riscontri oggettivi alle dichiarazioni rese al riguardo da numerosi pentiti. Tubelli, esponente del gruppo criminale attivo nel territorio del comune di Cercola, fu sorpreso nei pressi della sua abitazione da un commando di fuoco, a capo del quale vi sarebbe stato proprio Vincenzo Sarno, e ucciso con numerosi colpi. In quest’ottica, il messaggio lanciato dalla Ippolito, ottempera a una necessità esplicita.
Una finalità analoga a quella perseguita dai parenti di Salvatore Sarno detto Tore ‘o pazzo, figlio di Giuseppe Sarno, attualmente detenuto, al pari del padre. Un passato ricco di precedenti e reati, molti dei quali collezionati proprio mentre si trovava sotto protezione. Il rampollo del clan Sarno, grazie all’aiuto della madre che divulga frame delle lori videochiamate, si mostra felice e motivato, direttamente dalla cella in cui è recluso.

Decine di frame estrapolati dalle videochiamate e gettate in pasto al popolo dei social network con tanto di emoticon e frasi ad effetto che rilanciano le quotazioni del “leone in gabbia”.
Un’osservazione di potere criminale che risponde al trend del momento, sempre più in voga nelle carceri italiane.

Nell’era della camorra 2.0 è sempre più necessario apparire, mostrarsi forti, felici, padroni della situazione. Il carcere non è più punizione, ma palcoscenico. Il cellulare diventa arma, status symbol, megafono. E non mostrarlo, è come non averlo.
Il mondo virtuale offre la preziosissima possibilità di consentire al mondo esterno di non perdere il contatto visivo con il soggetto detenuto e poco importa se questo significa perquisizioni, isolamento, ulteriori conseguenze penali.
Questa è la nuova mimica della camorra, che ridicolizza lo Stato e le sue leggi: il sorriso per mascherare la pena, il leone in gabbia che non si arrende, il contatto diretto con l’esterno per ribadire una presenza. Un codice comunicativo studiato, ripetuto, sempre più omologato.
Un linguaggio criminale che si adatta perfettamente alla grammatica dei social.
E i Sarno si confermano tutt’altro che intenzionati ad uscire di scena, anche nel mondo virtuale.