Nel corso della mattina di domenica 13 luglio si è svolta una vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dal Servizio Centrale Operativo (SCO), volta a smantellare un’organizzazione criminale specializzata nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso l’utilizzo sistematico di documentazione falsa e contratti di lavoro fittizi. L’indagine ha toccato 23 province italiane, con controlli, perquisizioni, arresti e sequestri, coinvolgendo oltre 1.400 persone.
Al centro della truffa vi era la falsificazione di documenti necessari per accedere legalmente in Italia con il cosiddetto “decreto flussi”, lo strumento normativo che permette l’ingresso regolare di cittadini extracomunitari per motivi di lavoro. L’organizzazione, composta da imprenditori compiacenti, legali, mediatori e persino esponenti del crimine organizzato, produceva contratti di lavoro fasulli, dichiarazioni di ospitalità inventate e domande di nulla osta al lavoro irregolari.
In cambio, i migranti pagavano cifre esorbitanti – si parla di migliaia di euro per ogni pratica – nella speranza di ottenere un permesso di soggiorno in Italia. In realtà, molti di loro finivano nella clandestinità o nel lavoro nero, senza alcuna garanzia o tutela.
Un ruolo centrale nell’indagine lo ha avuto Napoli, dove sono state indagate 45 persone, tra cui avvocati, titolari di CAF e presunti affiliati a clan camorristici, come il gruppo Fabbrocino. Secondo la Procura, alcuni degli indagati avrebbero addirittura minacciato o estorto denaro a cittadini italiani affinché firmassero contratti di assunzione fasulli a nome di lavoratori stranieri.
In un caso emblematico, un legale indagato avrebbe dichiarato: “Mi hai dato 200.000 euro, ma se non pagano, non faccio nessuna carta”. Dalle intercettazioni emergono dettagli su un’organizzazione ben strutturata e gerarchica, in grado di generare profitti milionari.
Sono 1.418 le persone coinvolte, di cui 1.317 cittadini stranieri, 167 aziende sottoposte a controlli, decine di perquisizioni in abitazioni, studi professionali e sedi di associazioni, beni mobili e immobili sequestrati, tra cui auto di lusso, conti correnti e proprietà.
Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falsità ideologica e materiale, truffa aggravata ai danni dello Stato, estorsione e minacce aggravate dal metodo mafioso.
Il Ministro dell’Interno ha elogiato l’operazione definendola “un colpo durissimo all’illegalità e alla corruzione che inquina i meccanismi dell’accoglienza e del lavoro regolare in Italia”.
L’indagine prosegue con nuove perquisizioni e l’analisi dei flussi finanziari. Si ipotizza che dietro questa rete vi siano anche ramificazioni internazionali, con legami tra intermediari in Africa, Asia e Medio Oriente.
Secondo gli inquirenti, si tratta della più vasta operazione degli ultimi anni in materia di immigrazione clandestina, e rappresenta un punto di svolta nel contrasto a fenomeni che sfruttano la fragilità e la speranza di migliaia di persone.