È passato un anno esatto da quel 9 luglio 2024, giorno in cui Emanuele Pietro Montefusco, 49 anni, venne assassinato in pieno giorno a Ponticelli, periferia Est di Napoli. Un agguato freddo e spietato, consumatosi sul marciapiede di via Argine, dove ogni mattina l’uomo vendeva rotoloni di carta per guadagnarsi da vivere.
Pierino, così lo chiamavano nel quartiere, era un volto familiare per i residenti. Padre, nonno e lavoratore, trascorreva le sue giornate lungo quella strada, cercando di lasciarsi alle spalle un passato con piccoli precedenti penali.
Non era affiliato ad alcun clan. A condannarlo è stato il suo cognome: era il fratello di Salvatore Montefusco, conosciuto come Zamberletto, ras del gruppo emergente del rione De Gasperi, in lotta per il controllo del territorio contro i De Micco-De Martino, clan egemone di Ponticelli.
Un omicidio che rientra in una logica di vendetta trasversale: non riuscendo a colpire il ras per sedarne le velleità criminali, i killer hanno ripiegato sul fratello. Sapevano dove trovarlo. Non c’era bisogno di pedinarlo, non era necessario pianificare l’agguato: ogni giorno era lì, sempre nello stesso punto. Sullo stesso marciapiede, seduto accanto ai rotoloni di carta che sperava di vendere ai passanti.
La mattina, poco dopo le 10, un’auto si è accostata al marciapiede. Dal finestrino sono partiti almeno cinque colpi: Pierino è stato centrato all’addome e al torace. L’arrivo dei soccorsi è stato inutile: l’uomo è morto poco dopo, senza possibilità di scampo.
I Carabinieri della compagnia di Poggioreale e il nucleo investigativo hanno immediatamente avviato le indagini, puntando sulla pista camorristica.
Pierino non verrà riconosciuto ufficialmente come vittima innocente di camorra, a causa dei suoi precedenti e del legame di parentela con un noto malavitoso. Ma il quartiere racconta un’altra storia: quella di un uomo semplice, che viveva alla giornata, che non aveva nulla a che fare con le strategie criminali del fratello.
In questo senso, Pierino è una vittima due volte: della camorra, che lo ha usato come pedina in una guerra, e dello Stato, che ancora fatica a riconoscere l’umanità di chi si è lasciato il passato alle spalle ma resta marchiato per sempre.
L’omicidio Montefusco si inserisce nell’ambito dell’eterna faida di Ponticelli, che alterna omicidi, stese, azioni intimidatorie. Su un fronte i De Micco-De Martino, il clan egemone, oggi come un anno fa, sull’altro i reduci delle organizzazioni che mirano a risalire la china, proprio come accadde nella stagione di tumulti capeggiata da “Zamberletto”, a partire dall’inverno del 2024 fino all’omicidio di suo fratello. A stroncare definitivamente le velleità del ras del rione De Gasperi, l’arresto sopraggiunto pochi giorni dopo. Il ras finì in manette insieme a suo figlio Carmine. Un’uscita di scena provvidenziale che ha messo fine a una delle stagioni camorristiche più concitate della storia recente e probabilmente ha contribuito a salvare la vita a entrambi i soggetti tratti in arresto.
L’uccisione di Emanuele Montefusco è stata interpretata come un segnale forte all’intera area, una dimostrazione di forza e vendetta camorristica che ha seminato paura e dolore, ma anche rabbia e silenzio.
A un anno di distanza, il nome di Emanuele Montefusco continua a risuonare come simbolo di una guerra assurda e di una giustizia che tarda a riconoscere le sue vere vittime. “Pierino” era un volto del quartiere, uno di quelli che salutano per strada, che cercano di tirare avanti.
Pierino è una delle tante vittime innocenti tradite due volte.
Tradito dalla camorra che lo ha ucciso.
Tradito da uno Stato che preferisce chiudere gli occhi, rifugiandosi dietro una burocrazia ipocrita.