Il gip del Tribunale di Roma ha disposto l’archiviazione dell’indagine sulla tragica scomparsa di Mario Paciolla, cooperante italiano di 33 anni trovato morto in Colombia nel luglio 2020. La decisione ha accolto la seconda richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Roma, a cui la famiglia si era opponuta con forza.
La Procura inizialmente aveva chiesto l’archiviazione, ipotizzando il suicidio, ma il gip respinse la richiesta, ordinando accertamenti supplementari.
Dopo oltre due anni di verifica, il giudice ha accettato la seconda richiesta di archiviazione. La Procura ha ribadito che «non ci sono prove concrete» per configurare un reato o individuare responsabilità.
I genitori, Anna e Giuseppe Paciolla, insieme alle sorelle e ai legali, hanno espresso profondo sgomento nella loro nota: «Prendiamo atto con dolore e amarezza… sappiamo non solo col cuore ma con le evidenze della ragione che Mario non si è tolto la vita, ma è stato ucciso… continueremo a lottare finché non otterremo una verità processuale…» .La famiglia non intende arrendersi e annuncia nuove iniziative legali per ottenere la verità.
Paciolla, cooperante dell’ONU a San Vicente del Caguán, era stato trovato impiccato nella sua abitazione, in circostanze che avevano fin dall’inizio generato il sospetto che potesse essere stato ucciso. Diversi osservatori hanno segnalato incongruenze nella versione ufficiale, tra cui la pulizia della scena del crimine e l’assenza di testimonianze e prove decisive.
La famiglia intende avviare nuove iniziative giudiziarie, potenzialmente anche in sede internazionale.Restano aperti i dubbi sull’eventuale ruolo dell’ONU, che inizialmente aveva gestito l’autopsia, e sulla collaborazione delle autorità colombiane.Il caso ha raccolto l’attenzione dell’opinione pubblica, anche grazie al supporto mediatico e delle ong attente alla sicurezza dei cooperanti.