Non le bastava di aver ucciso Mario Volpicelli e Giovanni Sarno, rispettivamente cognato e fratello dei Sarno, ex boss di Ponticelli poi diventati collaboratori di giustizia: nel corso della stagione di efferate vendette andate in scena nell’inverno del 2016, “la pazzignana” Luisa De Stefano, figura apicale dell’alleanza composta dai vecchi clan di Napoli Est, un tempo in affari con i Sarno, aveva selezionato un’altra vittima.
La sua insaziabile vendetta ha concorso a scrivere una delle pagine più tristi della storia camorristica napoletana, come solo quelle che narrano di morti innocenti fagocitate dalle logiche criminali sanno esserlo.
Prima il 53enne commesso in un negozio “tutto 50 centesimi“, marito di una delle sorelle dei Sarno, padre di due figli e nonno di altrettanti nipoti, uno che porta il suo nome e l’altro che non ha fatto in tempo a conoscere. Freddato da una raffica di colpi mentre rincasava al termine dell’ultima giornata di lavoro della settimana, stringendo tra le mani le buste della spesa. Un omicidio ostentato come un trofeo da mandanti ed esecutori, tristemente schernito e mimato da uno degli autori che su richiesta degli altri detenuti, in carcere si dilettava a mimare la dinamica.
Poi “Giannino”, il fratello disabile e con problemi di alcolismo degli ex leader della camorra ponticellese, costretto a vivere come un relitto tra le macerie di quello che un tempo fu il regno dei fratelli-boss. Innocuo, inoffensivo, Giovanni Sarno viveva in un basso dell’isolato 26 con la porta perennemente aperta perché non aveva nulla da temere, ma soprattutto per consentire ai familiari di accudirlo come meglio potevano. Dormiva, quando i sicari hanno fatto irruzione nel basso. È stato come uccidere un bambino.
Due bersagli inermi, due vite innocenti e distanti da quelle logiche, ma non è bastato a garantirgli l’immunità.
Un’escalation di vendetta, esaltazione, livore criminale che legittimava Luisa De Stefano, regista degli omicidi, ad alzare sempre più il tiro.
Si preparava a colpire unaterza vittima, ma le sue intenzioni furono intercettate e riferite alle forze dell’ordine che imposero l’immediato e tempestivo allontanamento dei parenti dei Sarno ancora residenti nel quartiere. L’ultimo epilogo di una storia infinita che cancellò ogni traccia dei Sarno da Ponticelli.
Secondo il disegno criminale ordito da Luisa De Stefano ogni omicidio assumeva un significato e mirava a portare a compimento un piano di vendetta ben preciso, finalizzato a riscattare l’onore e il sacrificio di un “uomo d’onore” detenuto per effetto delle dichiarazioni rese dai fratelli Sarno, come suo marito Roberto Schisa e molti altri parenti che avevano preferito incassare l’ergastolo, pur di non seguire i Sarno nella decisione di voltare le spalle alla camorra.
Per questo Luisa De Stefano aveva intenzione di uccidere “patatina”, la figlia di Vincenzo Sarno e Patrizia Ippolito detta “a’ patana” – da qui il soprannome della figlia – una delle tante vite legate a filo doppio a quella degli ex boss di Ponticelli che però aveva deciso di non andare via da Ponticelli.
La De Stefano avrebbe convocato un parente per annunciargli le sue intenzioni con l’intento di coinvolgere i familiari in quel disegno criminale finalizzato soprattutto a “dare soddisfazione” ai “pazzignani” detenuti, ma quella mossa si rivelò un passo falso che consentì alle forze dell’ordine di sventare quell’agguato imponendo non solo all’obiettivo dichiarato, ma anche a tutti gli altri reduci della famiglia Sarno di allontanarsi da Ponticelli.