Ogni anno, il 4 giugno, il mondo osserva la Giornata Internazionale dei Bambini Innocenti Vittime di Aggressioni, istituita dall’ONU nel 1982, con riferimento diretto ai bambini palestinesi e libanesi colpiti dalle violenze del conflitto mediorientale. A più di quarant’anni di distanza, la condizione dei bambini palestinesi continua a essere drammaticamente attuale, segnando questa giornata come un momento di riflessione ma anche di denuncia.
La Striscia di Gaza e la Cisgiordania restano teatri di tensioni estreme. L’ultimo anno, segnato da un conflitto a intensità crescente tra Israele e Hamas, ha avuto conseguenze devastanti per la popolazione civile, e in particolare per i più piccoli. Le Nazioni Unite e organizzazioni umanitarie come Save the Children e UNICEF hanno denunciato il numero senza precedenti di minori uccisi, feriti o traumatizzati nei territori palestinesi.
A Gaza, migliaia di bambini sono stati uccisi nei bombardamenti o sono rimasti mutilati, molti di loro senza più famiglia.
Interi quartieri sono stati rasi al suolo, e oltre l’80% dei bambini ha perso la casa o vive in rifugi di fortuna.
Le scuole, spesso usate come ripari d’emergenza, sono sovraffollate, danneggiate o chiuse per insicurezza.
Le condizioni sanitarie sono critiche: accesso limitato ad acqua potabile, cibo, elettricità e cure mediche.
Ciò che rende ancora più inquietante il quadro è che i bambini palestinesi non sono solo vittime collaterali, ma spesso colpiti direttamente. Le ONG denunciano attacchi a strutture civili, compresi ospedali e scuole, e parlano di una generazione cresciuta nella paura, con sintomi diffusi di trauma psicologico, incubi ricorrenti, disturbi d’ansia e perdita della capacità di sognare un futuro.
In Cisgiordania, invece, la situazione è dominata da arresti arbitrari di minori, restrizioni alla libertà di movimento e violenze nei confronti di bambini durante le operazioni militari. Secondo Defense for Children International – Palestine, oltre 500 minori palestinesi sono stati detenuti nelle carceri israeliane, spesso sottoposti a interrogatori senza la presenza di familiari o avvocati.
Quando la guerra diventa parte della quotidianità, l’infanzia cessa di esistere. I bambini palestinesi non giocano nei cortili, ma cercano acqua tra le macerie; non vanno a scuola, ma imparano il suono dei droni e delle sirene. Vivono ogni giorno con la consapevolezza che la propria casa potrebbe non esistere più il giorno seguente.
Il trauma collettivo che stanno vivendo lascia segni indelebili: molti di loro sono diventati adulti troppo presto, altri hanno smesso di parlare, altri ancora disegnano solo immagini di fuoco e distruzione.
La Giornata Internazionale dei Bambini Vittime di Aggressioni nasce per dare voce a chi non ha voce. E quella voce è più urgente che mai in Palestina. La comunità internazionale è chiamata non solo a condannare le violenze, ma a pretendere protezione umanitaria, cessate il fuoco durature e accesso sicuro agli aiuti.
I bambini non sono un bersaglio. Lo ripetono le Nazioni Unite, lo gridano le ONG, lo implorano i volti segnati dalla paura che vediamo nei video e nelle immagini da Gaza. Ma finché questa affermazione non sarà difesa con fatti concreti, questa giornata resterà un rituale sterile davanti al silenzioso massacro di un’infanzia negata.